Durante l’ultimo viaggio d’istruzione mi sono resa conto, con un po’ di disappunto, che la vecchiaia è una condizione inevitabile a cui non c’è rimedio (anzi il rimedio c’è, ma è peggiore del male).
Per intenderci non ho fatto più fatica che in passato a camminare per stradine e musei e non mi è neppure pesato in modo particolare passare qualche ora a fare la ronda in corridoio, mentre i miei ragazzi non volevano saperne di addormentarsi.
Il segno più eclatante della senescenza galoppante è il fatto che, dopo alcune ore passate seduta in pullman, le mie gambe e la mia schiena richiedono sempre più tempo per raddrizzarsi: in buona sostanza non faccio fatica a muovermi, faccio fatica a ripartire.
In questi anni ho accettato di buon grado le rughe, non mi sono disperata per i capelli sempre più bianchi o che la memoria mi giochi qualche brutto scherzo, ma mi dà un po’ fastidio che le mie articolazioni si rifiutino di ubbidire come dovrebbero.
In fondo una soluzione c’è: basta non fermarsi mai.