Vorrei partire.

Esco per andare a scuola, piove e a fatica mi destreggio tra la borsa e l’ombrello, il cielo oggi è grigio e mi intristisce un po’ e mi fa nascere dentro un gran bisogno di partire, magari per un luogo dove il sole non sia solo un pio desiderio e non si tratta solo di sfuggire a questo clima inclemente, si tratta piuttosto di una voglia di qualcosa di nuovo, di diverso che mi liberi dalla strada sempre uguale che percorro ogni giorno.

Per fortuna c’è il mio lavoro, ci sono le ore in classe che non sono mai routine, ci sono le sfide quotidiane, le scoperte e, in fondo, è quasi come intraprendere ogni giorno un nuovo viaggio.

Ma poi faccio ritorno a casa e allora comincio a sognare di luoghi che non conosco, di viaggi avventurosi, di cibi, di colori, di atmosfere, di storie.

Per ora, tuttavia, devo restare qui, tra queste mura, tra queste strade, almeno per un po’ di tempo.

L’unico viaggio che c’è nel mio immediato futuro è il fatidico “viaggio d’istruzione” delle classi terze che quest’anno ci porterà nelle Marche, tra ermi colli e biblioteche e sudate carte.

In fondo non è il giro del mondo, ma non mi lamento e poi, come si suol dire, non è importante la meta, ma il viaggio.

In volo verso Baku

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