Archivio mensile:Febbraio 2018

Amore e assenza.

Ti ricordi?

Non abbiamo mai festeggiato San Valentino perché l’amore tra noi non aveva bisogno di ricorrenze e di regali e di mazzi di fiori e di cioccolatini, non aveva neanche bisogno di una festa che ci ricordasse quanto ci amavamo, perché bastavamo noi a ricordarlo, bastava la nostra quotidianità quieta e usuale, bastavano gli sguardi e i piccoli gesti e le mezze parole.

Non è mai stato un “grande” amore, ma un amore grande che ci riempiva la vita e le mani e oggi che le mie mani mi sembrano così vuote, oggi che non ci sei, non ho più parole e allora cerco le parole nei libri e mi affido alle parole degli altri per esplorare il vuoto che sento dentro:

Il futuro

 “E so molto bene che non ci sarai.
Non ci sarai nella strada,
non nel mormorio che sgorga di notte
dai pali che la illuminano,
neppure nel gesto di scegliere il menù,
o nel sorriso che alleggerisce il “tutto completo” delle sotterranee,
nei libri prestati e nell’arrivederci a domani”.

Julio Cortázar

Cracovia - Il ghetto

Abbiamo bisogno di buone notizie.

La scena sembra quella di un film: c’è una banchina della metropolitana, c’è gente che aspetta l’arrivo del treno, poi improvvisamente la situazione precipita, un bambino piccolo piccolo, seduto sulla panchina vicino alla mamma, si alza e corre verso i binari cadendo.

Le persone in stazione sembrano stranite, si avvicinano alle rotaie, guardano il bambino senza riuscire a decidere cosa fare, è una questione di attimi, il treno potrebbe entrare in stazione da un momento all’altro.

Poi compare dal nulla un giovane uomo, si toglie lo zainetto e si getta sui binari per recuperare il bambino e affidarlo alla mamma, poi con un salto risale sulla banchina e sparisce.

La buona notizia è che il bambino sta bene.

La buona notizia è che l’impiegato addetto al controllo della stazione stava facendo il suo lavoro, non era distratto o “fuori stanza”, ha visto la scena attraverso gli schermi e ha dato semaforo rosso al treno in arrivo.

La buona notizia è che ci sono ancora persone capaci di aiutare gli altri senza farsi tante domande, senza aspettarsi un premio, senza mettersi sotto i riflettori.

Non ce ne rendiamo conto, ma abbiamo bisogno di buone notizie.

Milano e dintorni Metro

La scuola di una volta.

Tutti coloro che, come me, hanno da molto superato gli “anta” oggi, alla notizia del genitore che ha aggredito l’insegnante reo di aver rimproverato il pargolo, devono aver rivolto un (grato) pensiero alla loro scuola, ai loro insegnanti e soprattutto ai loro genitori.

Personalmente sono grata ai miei genitori che non hanno mai preso le mie difese, che con infinito amore mi hanno insegnato quali erano i miei doveri, che mi hanno insegnato il rispetto per gli altri, per gli adulti e, in particolare, per i miei insegnanti che, ça va sans dire, quando mi rimproveravano avevano sempre ragione (… e di conseguenza mi sforzavo di farmi rimproverare molto poco).

Se pensavo di aver subito un’ingiustizia se ne discuteva pacatamente e mamma e papà mi invitavano a vedere la situazione da diversi punti di vista: forse non riuscivano a convincermi del tutto, ma mi aiutavano a riflettere, a crescere, a diventare più forte.

Oggi non credo che solo gli insegnanti vivano una crisi di credibilità e di autorevolezza, temo piuttosto che questa crisi coinvolga in modo grave le famiglie che spesso abdicano al dovere di educare perchè sedersi lì, con un ragazzino ribelle, con una ragazzina riottosa e discutere è difficile, scomodo e faticoso.

Purtroppo però è indispensabile.

Milano

Ancora tre settimane.

Mancano solo tre settimane alle elezioni ed il dibattito politico si fa sempre più aspro, ma al centro delle discussioni più che i temi, le scelte, gli orientamenti ci sono slogan più o meno felici, più o meno pesanti come macigni e per me, ascoltare i confronti televisivi, rischia di diventare una vera tortura.

Continuo ad illudermi che la politica dovrebbe indicarci le soluzioni e le strade per raggiungerle, anche quando le soluzioni sono impopolari, ma, come certe medicine amare, necessarie.

Capisco che è più facile intercettare i sentimenti della gente (la “pancia” come dice qualcuno) e cavalcare l’onda, ma la buona politica dovrebbe parlare alla testa, dovrebbe guidare, non farsi guidare.

Ma io sono un’ingenua che crede ancora che le scelte politiche debbano avere come bussola il miglioramento della vita di tutti, nessuno escluso.

Roma

La memoria perduta.

Nel “Giorno del Ricordo“, istituito con una legge del 2004, si vuole fare memoria degli eccidi delle foibe e dell’esodo di Istriani, Fiumani e Dalmati che hanno lasciato le loro terre, i loro averi, la loro quotidianità per sfuggire al timore delle ritorsioni nei confronti della popolazione di lingua italiana in quella che, alla fine della seconda guerra mondiale, sul confine orientale del nostro Paese, sembrava configurarsi come una vera e propria “pulizia etnica”.

Il ricordo di quegli eventi è spesso trascurato, taciuto, affrontato in modo superficiale dai libri di storia, è un ricordo che con il passare del tempo assume contorni più netti e che lascia una ferita profonda nell’animo di quanti, fuggiti da quella che consideravano la loro terra, non hanno trovato accoglienza nel nostro Paese del quale pure, per lingua, cultura e tradizioni, si sentivano di far parte.

Eppure, percorrendo le coste di Slovenia e Croazia, con la leggerezza della vacanza, non si può fare a meno di notare, dalle architetture, dall’atmosfera, come quei paesi portino ancora un’impronta della cultura italiana che i tentativi di rimozione  e di riscrittura delle vicende storiche non sono riusciti a cancellare.

Usiamo bene questo giorno, come un’opportunità per capire, per ricordare senza farci prendere dalla tentazione di  abbandonarci ad una poco dignitosa contrapposizione ideologica ed alla strumentalizzazione politica.

Pirano

Trieste - Foiba di Basovizza

Videogame.

Abbiamo provato, in classe, qualche simulazione di prova Invalsi online e, dopo un iniziale momento di sconforto di fronte alle difficoltà delle domande di grammatica e alla lunghezza del test, i ragazzi si sono un po’ rincuorati quando hanno scoperto che la prof. (in uno dei suoi sempre più frequenti momenti di “imbranamento”) aveva erroneamente caricato una prova delle scuole superiori.

Sì perché quest’anno la prova Invalsi si svolgerà in aprile (e non durante l’esame), ma soprattutto, novità delle novità, i ragazzi dovranno rispondere alle domande direttamente sui pc (il che, per dei nativi digitali, dovrebbe essere solo un vantaggio).

Che dire?

Speriamo che tutto funzioni, che la connessione regga, che il server non si intasi e che la prova si svolga in modo regolare,per lo meno per quanto attiene alla parte tecnica della situazione, per il resto bisogna fidarsi dei nervi saldi dei ragazzi e di quanto hanno imparato in questi anni.

Io mi sono limitata a consigliare loro di utilizzare le prove come dei videogame, come delle sfide in cui cimentarsi (magari con i compagni) giusto per prendere confidenza con i test, per velocizzarsi un po’, per imparare a controllare la paura.

Comunque in bocca al lupo ragazzi.

tasti

 

Sala professori.

Si anima alla mattina presto, quando fuori è ancora buio, ad uno ad uno gli insegnanti della prima ora arrivano infreddoliti, trascinandosi libri e borse stracariche di compiti corretti, si firma il registro delle presenze, qualcuno si abbandona sulla sedia cercando di trovare le energie per affrontare la giornata, qualcuno si affida ad un caffè “della macchinetta” che non è buono, ma è caldo e dà un’illusione di risveglio.

Nei pochi minuti in cui ci si ritrova, ci scambiamo qualche informazione sui ragazzi, sugli impegni della settimana, sulle ultime novità della prova Invalsi, raramente parliamo di noi, anche se tra di noi non ci sono solo rapporti di lavoro, ma di amicizia, in qualche caso, di lunghissima data.

Poi suona la prima fatidica campanella e ognuno si affretta verso la propria classe per accogliere i ragazzi.

Ogni tanto (in verità abbastanza spesso) qualcuno porta cibarie d varia natura per allietare i rari momenti liberi e ieri è stata la volta di una collega che, per festeggiare il compleanno, ha cucinato una crostata con ricotta e visciole di origine ebraica (ma ormai entrata a pieno titolo nella tradizione della cucina romana).

E così, durante la quarta ora (fortunatamente libera), ci siamo raccolti in religioso silenzio intorno a questo dolce così buono da dare qualche sintomo di assuefazione e lo abbiamo gustato con gli occhi persi nel vuoto.

Dopo un simile momento di beatitudine tornare in classe per le ultime due ore diventa più facile.

crostata di ricotta e visciole

Giovani dentro.

Sul palco di Sanremo passano i Pooh in ordine sparso, capelli grigi e rughe a profusione, tornano i Decibel (a trentotto anni da “Contessa”) e persino i giovani del Gruppo “Lo stato sociale” si fanno accompagnare da una ballerina ottantenne che si produce in acrobazie incredibili.

E che dire di Baglioni, anche lui in età non più verdissima che fa da spalla a Fiorello, alla Hunziker e a Favino?

Se poi l’ospite d’onore è Gianni Morandi, che era già un artista affermato quando io ero una ragazzina, è evidente che quest’anno il festival punta sui “giovani dentro”, ma forse va bene così.

In fondo Sanremo è pur sempre Sanremo… da ben sessantasette anni.

Cavenago

I diritti del lettore.

C’è una legge non scritta, soprattutto all’interno delle nostre aule scolastiche, secondo la quale “leggere è un dovere” e questa asserzione sta troppo spesso a significare (soprattutto per i nostri ragazzi) che “leggere non è un piacere”, ma qualcosa di imposto, qualcosa di mortalmente noioso, di antico, un male necessario.

Daniel Pennac, arguto scrittore e insegnante, nel suo libro “Come un romanzo” elenca i dieci “Diritti del lettore”che, se conosciuti e difesi, forse permetterebbero ai più giovani di avvicinarsi alla lettura con leggerezza.

1 . Il diritto di non leggere

Se la lettura è un piacere, non può essere imposta: prima delle vacanze estive di solito presento alcuni libri ai miei ragazzi, cercando di stimolare la loro curiosità. Poi sta a loro scegliere cosa leggere.

2 . Il diritto di saltare le pagine

Qualche volta un libro può essere noioso o troppo lento, in questo caso non è un peccato mortale saltare alle ultime pagine se non altro per cercare una via d’uscita.

3 . Il diritto di non finire un libro

Quante volte mi è successo di chiudere un libro senza provare il desiderio di riaprirlo: è la prova che l’amore per la lettura non è sempre un amore corrisposto. Di solito riprovo a leggerlo dopo qualche tempo e, se proprio non riesco a superare pagina venti, il libro torna a prendere polvere nello scaffale.

4 . Il diritto di rileggere

Adoro questo diritto che esercito spesso ritrovando, ad ogni rilettura, vecchi amici e sorprendenti scoperte. (Il libro è sempre lo stesso, ma io tendo a cambiare)

5 . Il diritto di leggere qualsiasi cosa

Non esistono libri buoni o cattivi e per capire se un libro è solo “carta da ardere” bisogna pur leggerlo, quindi…

6 . Il diritto al bovarismo

Ogni lettore ha il diritto di farsi prendere dalla storia, di immedesimarsi, di lasciarsi emozionare, di volare sulle ali della fantasia (se questo non succede si può passare al punto tre)

7 . Il diritto di leggere ovunque

In tram, in metropolitana, in una sala d’attesa, a tavola (quando sono sola), prima di addormentarmi, mentre (non) guardo la televisione…. la vita è breve e i libri così tanti!

8 . Il diritto di spizzicare

Mi succede spesso, afferro uno dei libri che amo e  lo apro in un punto a caso, così, per il gusto di ritrovare un amico.

9 . Il diritto di leggere a voce alta

Preferisco la lettura personale, quella a voce alta mi ricorda troppo la scuola…

10 . Il diritto di tacere

Lascio il commento allo stesso Pennac:

“L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale. Vive in gruppo perché è gregario, ma legge perché si sa solo. La lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire. Non gli offre alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui”.

Baku (Azerbaijan) - Città vecchia

Voglia di casa.

C’è sempre un momento, anche durante il viaggio più entusiasmante ed esotico, in cui comincio a ripensare alla mia casa, al panorama un po’ banale che osservo ogni mattina bevendo il caffè, alle pareti, ai mobili, alle mie cose che so ritrovare anche al buio, agli ambienti dove riesco a muovermi anche ad occhi chiusi.

E quando riapro la porta ritrovo le mie atmosfere, i miei colori che sono restati lì ad aspettarmi pazienti mentre cercavo di trovare me stessa lontano, eppure è proprio qui che io sono veramente io.

Sarà forse per questa sensazione di appartenenza, di protezione, di quieta quotidianità che le persone molto anziane che si trovano nella casa di riposo e faticano a ritrovare dei sicuri agganci alla realtà chiedono con voce triste e con un filo di angoscia di “tornare a casa”.

Mi si stringe il cuore al pensiero che, probabilmente, anche se tornassero nei luoghi dove hanno trascorso la vita non riuscirebbero a riconoscerli e vivrebbero l’esperienza con una rinnovata nostalgia di  un luogo che ormai è solo nella loro mente.

Perché la casa non è solo un luogo fisico, ma è un cerchio magico di affetti, di ricordi, di speranze.

finestra chiusa