In ostaggio.

Ho lavorato  nelle scuole statali (di ogni ordine e grado si diceva una volta) per circa trentotto anni che, sommati ai quattro del regolare corso di laurea, fanno giusto quarantadue anni (giorno più, giorno meno): in pratica gli anni necessari e sufficienti per andare in pensione (o meglio in trattamento di quiescenza) a settembre.

Sarebbe tutto bellissimo se, nel passaggio tra un’amministrazione e l’altra, sono fossero spariti i contributi previdenziali di un numero imprecisato di mesi che, se non dovessero comparire miracolosamente, mi lascerebbero in un limbo inquietante, ostaggio di una burocrazia che chiede a me di dimostrare di essere in regola.

Per fortuna (credevo) lo posso dimostrare visto che ho conservato certificati di servizio, estratti conto vecchissimi (e quasi illeggibili), buste paga antidiluviane e ricevute dei versamenti Inps ben organizzati per trimestre.

Eppure neppure tutta questa carta è sufficiente, come mi ha spiegato un gentile e un po’ costernato funzionario, è non sono stati fatti errori dalle segreterie, ma semplicemente sono cambiate le leggi, è cambiato il sistema previdenziale e nel passaggio da un ufficio all’altro i miei contributi si sono imboscati non si sa dove.

Ora dovrei imbarcarmi in una procedura di richiesta di rettifica (rigorosamente online) ed è quello che mi accingo a fare anche se non riesco a togliermi di dosso l’impressione di essere finita in un tunnel kafkiano ( e non si vede la luce).

E soprattutto ho l’impressione di aver lavorato in nero nei ruoli dello Stato per quattro anni.

(Il seguito alla prossima puntata e al prossimo attentato al mio equilibrio…..)

Firenze

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