Perchè studiare i “Promessi sposi”?

Perchè studiare Leopardi, Pascoli o Manzoni? Perchè perdere tempo a leggere un’opera d’arte se nella vita dovrò collegare dei cavi, o usare un computer o programmare un automa o progettare un ponte o pilotare un aereo o studiare una nuova acconciatura?

Chissà quanti ragazzi si stanno ponendo queste domande mentre sui banchi di scuola stanno studiando argomenti che ritengono “inutili” per la loro professione futura.

Sabato mattina il padre di uno dei nostri ragazzi ha confessato questi stessi dubbi che anche lui, quando era ragazzo, si è posto senza trovare una risposta convincente: la risposta, ci ha spiegato, gliela avrebbero data gli anni seguenti.

Quello che i ragazzi non capiscono, fino a quando sono ragazzi, è che non si diventa adulti maturi e consapevoli rinunciando alla conoscenza, alla curiosità perchè la letteratura, l’arte, la musica e tutto ciò che nasce dall’ingegno umano contribuisce a fare di noi delle persone a tutto tondo.

E’ indispensabile che i nostri allievi imparino bene l’inglese perchè sicuramente lo useranno in futuro, ma non possono rinunciare alla conoscenza dell’italiano che è una lingua ricca, una lingua non facile, ma che permette di esprimere con grande proprietà idee e pensieri.

“Homo sum, humani nihil a me alienum puto” affermava il vecchio Cremete (nell’Heautontimorumenos di Terenzio) per giustificare la sua curiosità e per estensione la stessa frase, che suona “sono un uomo e non ritengo a me estraneo nulla di ciò che è umano” può significare che è proprio dell’uomo (in quanto tale) essere aperto ad ogni esperienza, ad ogni conoscenza.

Lecco - luoghi manzoniani

1 pensiero su “Perchè studiare i “Promessi sposi”?

  1. Manlio Padovan

    Ho espresso altrove il mio pensiero sul romanzo di A. Manzoni. Esso vale, in genere, per tutta la prosa italiana. Per questo motivo vedrei con favore un riferimento concreto con lettura di testi anche di autori stranieri e penso ai francesi che, mentre il nostro scriveva un romanzo idealistico, scrivevano su ciò che vedevano e vivevano: non per niente il divorzio in Francia risale al 1884, un secolo prima di noi! E non per nulla in Francia la laicità dello Stato e delle sue istituzioni è cosa seria e concreta e non quella barzelletta che è presso di noi.
    Credo che Parise abbia tutto giustificato con la frase: “La letteratura insegna all’uomo se stesso e il mondo” e penso che spetti alle famiglie, data l’esperienza di vita dei genitori, avviare seriamente i figli alla lettura impegnata. Sono sopratutto i ragazzi delle scuole non liceali, proprio perché non ne sentiranno più parlare, che debbono darsi da fare con la letteratura ed apprezzarne il valore formativo ed informativo. E l’insegnamte sia maieutico ed imparziale (nel limite che può). Sia laico in tutti i sensi.

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