L’aeroporto.

Le compagnie aeree consigliano, di solito, di presentarsi con largo anticipo,  per le lungaggini della consegna dei bagagli e dei controlli prima di raggiungere la zona di imbarco, e quindi, se il volo è previsto intorno alle otto, bisogna alzarsi ad ore decisamente antelucane perché non si sa mai.

Poi, una volta consegnati i bagagli e superati i controlli, la noia diventa mortale soprattutto se le formalità vengono sbrigate relativamente in fretta, perché in aeroporto si va per partire per un viaggio e, di colpo, ci si trova in una specie di limbo, dove il tempo sembra non passare mai.

Leggo qualcosa, bevo caffè, continuo a guardare l’orologio e il tabellone delle partenze (con la vaga inquietudine che compaia la ferale scritta “delayed” di fianco al numero del volo), guardo gli altri viaggiatori, annoiati proprio come me, e le provo tutte per ingannare il tempo, per avvicinarmi al momento del decollo, dell’inizio della nuova avventura.

L’aeroporto è un “non-luogo”, vagamente claustrofobico, un inconveniente indispensabile per spiccare il volo verso una nuova meta.

Poi il “gate” si apre, il tempo ricomincia a scorrere, l’attesa è finita.

In volo verso Cracovia

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