Archivio mensile:Luglio 2017

Noli.

Oggi è una bella cittadina, turistica quanto basta, nella affollata calura estiva della Riviera di Ponente, ma percorrendo le sue strade dal selciato regolare, tra case antiche ornate di colonne dai capitelli eleganti, si sente ancora il gusto di una storia di mare e di quieta ricchezza che dal mare proveniva.

A Noli c’è ancora tutto l’orgoglio della capitale di una piccola Repubblica Marinara, la cui sorte spesso si è intrecciata con quella della più grande e opulenta Genova, ma che ha conosciuto ampi spazi di autonomia.

Da qui salpò Cristoforo Colombo diretto in Olanda, ma ebbe poca fortuna visto che fece naufragio prima di giungere a destinazione, qui trovò rifugio Giordano Bruno che per qualche mese insegnò grammatica e cosmografia, a Noli accenna anche Dante nel IV canto del Purgatorio e la città racconta questi antichi fasti con piccole lapidi lungo i portici ombrosi.

E’ piacevole passeggiare per le sue vie, all’ombra della alta torre, sfiorando negozi e portoni e ad ogni passo si scopre uno scorcio pittoresco, si scopre la bellezza di cui è sempre così prodiga la nostra Italia.

Noli (Savona)

Silenziosi ospiti.

Finito il pranzo (o la cena) raccogliamo le bucce della frutta e della verdura e le gettiamo in giardino, sulle balze di ulivi e macchia mediterranea che cresce rigogliosa e profumata tra tra cielo e mare.

Non si tratta di un tipo di raccolta differenziata creativo e neppure di un sintomo di scarsa civiltà e attenzione per l’ambiente, si tratta invece di qualcosa di completamente diverso.

Lo si capisce dopo pochi minuti quando, zampettando silenziosi tra i muretti a secco così tipici della Liguria, cominciano ad apparire i daini, solitari o in piccoli gruppi, le femmine giovani seguite dai cuccioli timorosi e malfermi.

Guardinghi annusano le bucce e poi velocemente mangiucchiano i resti e, quando hanno fatto piazza pulita, alzano lo sguardo verso il balcone in attesa di qualche altro boccone, ma se dal cielo non arriva più nulla si dedicano a brucare l’erba secca e i rami bassi contribuendo così a mantenere pulito il sottobosco.

Se ne stanno lì, placidi e silenziosi, senza apparente timore dell’uomo.

Solo un’altra presenza li mette in allarme: l’arrivo di qualche cinghialetto intenzionato a condividere il desco.

Bergeggi

Bergeggi

Alle prime luci dell’alba.

Ho trascorso qualche giorno a casa di amici, una casa con un fantastico balcone affacciato sul mare della riviera di Ponente, e ho passato molto tempo con gli occhi pieni di azzurro ad ascoltare il suono continuo della risacca.

Mi piace alzarmi presto, in punta di piedi, e sedermi al balcone per osservare il mare e la spiaggia ancora vuota, con gli ombrelloni chiusi e i gabbiani che zampettano sull’arenile indisturbati.

La superficie delle onde si accende dei riflessi del sole appena spuntato, centinaia di scaglie luminose come scintille che si rincorrono sempre uguali, poi cominciano ad arrivare, alla spicciolata, i bagnanti più mattinieri: si siedono in riva al mare, camminano sulla battigia, si godono la spiaggia completamente vuota, prima che si affolli di suoni.

Mi sembrano ombre cinesi che si confondono con le geometrie degli ombrelloni ancora chiusi, sembrano quasi irreali, non ancora persone, ma semplici forme nella luce dell’alba.

Bergeggi

Bergeggi

Turismo becero.

Siamo in pieno periodo di partenze, orde di turisti si avventurano, con tutti i mezzi di trasporto a disposizione, verso mete più o meno esotiche in un clima da “liberi tutti” che ogni anno balza agli onori (o disonori) delle cronache.

Oggi, per esempio, gira sul web il filmato di alcuni “turisti” che si lanciano in Canal Grande dal Ponte di Calatrava (tra l’altro rischiando di fare un “frontale” con un vaporetto), ma è solo uno dei tanti episodi di inciviltà che chi visita una città d’arte, o percorre una vallata alpina, o prende il sole in spiaggia ha, purtroppo, l’occasione di osservare ogni giorno.

Fontane di marmo confuse con un catino per il pediluvio, scalinate imponenti dove bivaccare (lasciando logicamente immondizie sparse in un raggio di mezzo chilometro), grigliate improvvisate in un bosco reso arido dalla siccità,  resti di picnic sepolti sotto la sabbia, e poi grida, schiamazzi, telefonate condivise con tutti gli astanti e tanti altri comportamenti insopportabili affliggono le vacanze di tutti.

Dovremmo sempre ricordare che la riva del mare, la vallata alpina, la città d’arte, il monumento antico sono luoghi dove siamo solo ospiti, e come ospiti dovremmo avvicinarci in punta di piedi, con rispetto per ciò che ci circonda e per chi ci abita, magari con il desiderio di conoscere e di capire qualcosa di nuovo.

Ma forse sono solo una illusa.

Venezia - Carnevale

Venticinque anni fa.

In quel mese di luglio del 1992 mio padre stava giungendo dolorosamente alla fine della sua vita, sarebbe morto solo un mese dopo, e noi l’avevamo trasportato nella casa in montagna perché i suoi occhi, attraverso la finestra spalancata, potessero continuare a seguire il profilo delle vette, perché l’aria leggera dei monti aiutasse il suo respiro e alleviasse la sua fatica di vivere.

Stavamo molto in casa, alternandoci al suo capezzale, perché il periodo di vacanza aveva riunito tuta la famiglia e ci concedeva di trascorrere insieme quelle ore rare e preziose che, anche se non ce lo dicevamo, sapevamo che sarebbero state le ultime.

Passavamo del tempo insieme senza gli assilli del lavoro e della scuola nel clima dilatato e quieto delle vacanze.

E proprio in quel clima sereno, di una sonnolenta domenica,  giunse come un’esplosione la notizia della strage di via D’Amelio e io vidi negli occhi di mio padre un dolore nuovo, muto, quasi rassegnato, vidi un’angoscia che superava quella della malattia e della paura della morte.

Non potrò mai perdonare chi diede a mio padre un nuovo dolore.

Le cose invisibili.

Attraversiamo ogni giorno vie e piazze, quelle del luogo dove viviamo, che conosciamo da sempre e che pensiamo non abbiano segreti: gli edifici, gli alberi, gli spazi ci sono familiari, ci raccontano una quotidianità tranquilla nella quale siamo abituati a muoverci senza sorprese, senza stupori.

Non ci rendiamo conto, e non solo per disattenzione, di tanti minuscoli particolari che sfuggono ai nostri occhi perché troppo piccoli, perché fuori dal nostro campo visivo.

Eppure anche quei trascurabili dettagli raccontano storie e tradizioni, testimoni silenziosi di un passato che ha costruito la nostra comunità, tessere invisibili di un mosaico di cui facciamo parte.

Succede così che, grazie allo zoom potentissimo della nuova fotocamera, alcuni particolari degli edifici che conosco da sempre diventino evidenti  e destino stupore e curiosità.

Curiosità per quella mezzaluna un po’ enigmatica raffigurata sulla banderuola del campanile o per l’angioletto messo lì a custodire la campana centrale.

Mi piacerebbe conoscere la storia di questi simboli posti lassù, in alto, fuori dallo sguardo, mi piacerebbe capire se hanno uno scopo meramente ornamentale o un significato recondito che (per ora) mi sfugge.

Cavenago di Brianza (Prove)

Cavenago di Brianza (Prove)

Quattro passi sui tetti.

E’ strano camminare sopra i tetti della Galleria, si ha quasi l’impressione di stare dietro le quinte di un teatro: laggiù c’è la Piazza, con i suoi marmi, con la mole del Duomo, con la gente che cammina frettolosa e i turisti in coda per entrare nella cattedrale, dal tetto, invece, si vedono le strutture architettoniche, le controfacciate, come se si trattasse di una enorme complessa macchina scenica.

Tutto intorno si stendono tetti di tegole rosse, irti di antenne e di parabole satellitari, e in fondo spuntano i grattacieli che disegnano il nuovo profilo della città e dietro, all’orizzonte, le Prealpi sembrano emergere dalla foschia.

La cupola in vetro e metallo, che si ispira ai disegni del Crystal Palace di New York (l’edificio progettato per l’esposizione del 1853 a sua volta ispirato al Crystal Palace di Londra edificato per l’esposizione di due anni prima) è elegantissima ed è un vero peccato che si debba salire sui tetti per poter apprezzare la sua bellezza.

Oggi i tetti della Galleria sono diventati un luogo che, oltre alle visite dei turisti, ospita eventi teatrali, spettacoli cinematografici e persino spazi per la colazione con vezzosi cestini da picnic.

E’ bello scoprire che Milano offre ai suoi cittadini e ai visitatori che arrivano da tutto il mondo opportunità sempre nuove di conoscenza e di svago.

(Per informazioni sulle visite e gli eventi è possibile consultare il sito.)

Milano - Tetto della Galleria

Milano - Tetto della Galleria

Milano - Tetto della Galleria

Passata è la tempesta.

“… Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso….”

Così cantava il Leopardi per raccontarci una situazione che l’uomo conosce bene: la serenità che ci riempie il cuore dopo un grande dolore, dopo un grande timore, è un’illusione di felicità, è un sollievo momentaneo, è il “piacer figlio d’affanno”.

La scorsa notte c’è stata la tempesta, preceduta da una grandinata violenta e improvvisa, che ha rovesciato sulle nostre notti boccheggianti  ed afose raffiche di vento e scrosci di pioggia, ma alla mattina non si sentivano molti “augelli far festa”, anzi il cielo era vuoto come se tutti gli uccelli si fossero rintanati nei loro nidi per lisciarsi le piume arruffate e riprendersi dallo spavento.

Poi, nel primo pomeriggio, sono comparse per prime le gazze, spavalde ed un po’ arroganti, quasi decise a dimostrare che il nubifragio non le aveva spaventate più che tanto.

Alla fine sono ricomparsi tutti gli uccelli e hanno riempito il cielo estivo dei loro canti: la tempesta è proprio passata.

Cavenago di Brianza (Prove)

Le mura venete.

La città di Bergamo, dall’eleganza e bellezza talora ingiustamente sottovalutate, ha ottenuto pochi giorni fa un meritato riconoscimento da parte dell’Unesco che ha iscritto le “Mura Venete”, che circondano la città alta, nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità.

L’imponente costruzione, che risale al XVI ed è praticamente intatta visto che, nei secoli, non ha subito le ingiurie di eventi bellici rilevanti, fu voluta dai Veneziani per proteggere la città che, tra il Ducato di Milano e il collegamento, attraverso la Valbrembana, con il Canton Grigioni rivestiva un ruolo strategico di grande importanza.

Le mura hanno uno sviluppo di circa sei chilometri e sono ben visibili dalla pianura, come è ben visibile, quasi a testimoniare la ricchezza e la potenza della città, la “Porta Bella” (in realtà Porta di San Giacomo) che il viaggiatore che proviene da Milano può scorgere, bianchissima ed imponente, anche da lontano.

Sono felice per questo giusto riconoscimento che spero dia maggiore visibilità a Bergamo, una città veramente stupenda e vivibile.

Bergamo

Bergamo

Piccoli mimetismi.

Una piccola farfalla notturna si è posata sul muro del mio balcone, forse ha deciso di trascorrere lì la giornata per ripigliarsi dalla stanchezza delle scorribande notturne intorno ai lampioni del giardino.

Ha scelto proprio bene: una parete grigiastra è un po’ anonima dove mimetizzarsi per sfuggire al rischio di fare brutti incontri.

La scorgo quasi per caso, adagiata tono su tono sul muro, anche lei è grigiastra, ma è bellissima anche se apparentemente scialba e un po’ anonima, mi basta osservarla per un po’ per scoprire eleganti simmetrie sulle sue ali lievi.

Guarda dove va a nascondersi ogni tanto la bellezza!

Mimetismo