Lettera a Gesù bambino.

Quando ero bambina i regali natalizi erano affidati ad un pool di esperti:  Bergamo e tutto il nord est era appannaggio di Santa Lucia che arrivava il tredici dicembre, a Bari, all’inizio del mese, ci pensava San Nicola ( che da quando è diventato anglofono e ha mutato il nome in Santa Claus ha conosciuto un successo mondiale), a Roma arrivava un po’ più tardi la Befana.

A Milano, dove anche i bambini sono più pragmatici, ci si rivolgeva direttamente alla massima autorità e quindi i regali li portava direttamente Gesù bambino.

Nelle cartolerie vendevano delle letterine molto eleganti, con decorazioni di agrifoglio e porporina (chi si ricorda la polverina “luccicosa” che restava incollata alle dita fino all’Epifania?) su cui vergare, con mano resa incerta dall’emozione, le richieste più o meno esose per il Natale.

I meno pigri (e più parsimoniosi) si dedicavano al “fai da te” e dopo aver strappato con cura un foglio dal centro del quaderno dei compiti di scuola, si procedeva ad una decorazione fatta di “greche” ridondanti di rosso e oro e poi si scriveva.

Di solito la lettera, dopo un doveroso indirizzo di saluto, verteva sul comportamento (sempre irreprensibile) mantenuto durante l’anno che assicurava il premio di ricchi regali (più si era stati buoni, più i regali “dovevano” essere ricchi).

Alla fine dello scritto, dopo vaghe promesse di miglioramento, c’erano ringraziamenti e saluti, poi si chiudeva la letterina, la si affidava la mamma e poi si restava in attesa del Bambinello che sarebbe arrivato nella notte di Natale, a bordo di un infaticabile asinello (mica di quattro renne) carico di doni.

Per alleviare le fatiche del viaggio sul davanzale della finestra si metteva un piattino con qualche biscotto  e paglia per l’asinello.

E alla mattina era sempre una festa.

Qualche giorno fa, in cartoleria, ho visto delle letterine per Gesù bambino, ma la proprietaria del negozio mi ha confessato un po’ rattristata che “non vanno” perchè a Gesù bambino non si scrive più, quasi che il Natale con il suo contorno di lustrini, di regali e di festa non avesse più nulla a che fare con il Bambino di Betlemme.

Mi rattrista aver dimenticato una tradizione, aver rinunciato alla poesia.

Moggio (Natale)

 

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