La Tina.

In casa mia, quando ero giovane,  la chiamavamo così Tina Anselmi con una punta di familiarità che tradiva affetto, ma anche un grande rispetto.

E’ strano a dirsi, ma c’è stato un tempo in cui si provava ancora rispetto per i politici, in cui si sapeva apprezzare l’impegno e lo spirito di servizio di uomini e donne che si avvicinavano alla vita politica dopo la devastante esperienza della dittatura, della guerra e, per alcuni di essi, della resistenza.

Tina Anselmi era una donna forte, era stata, pur giovanissima, staffetta partigiana nella Brigata Cesare Battisti e poi nel “Corpo volontari della Libertà”, dopo la guerra  si dedicò all’attività sindacale e alla politica attiva in seno alla Democrazia Cristiana, nel 1968 venne eletta per la prima volta in Parlamento e si impegno a perseguire le pari opportunità e a rivendicare la centralità del ruolo delle donne nella famiglia e nella vita civile.

Nel 1976 fu la prima donna italiana ad essere nominata ministro della Repubblica nel dicastero del Lavoro e della Previdenza sociale e poi, due anni dopo, in quello della Sanità.

Nel 2009 ha ricevuto il “Premio Articolo 3” per il 2008 come riconoscimento all’attività svolta durante tutta una vita spesa – anche a rischio della medesima – al servizio della libertà e dei valori di uguaglianza sanciti proprio dall’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale. Questo ricordando in particolare l’attività dell’onorevole Anselmi come giovanissima staffetta partigiana, di sindacalista, di madre della legge sulle pari opportunità, di ministra, di principale autrice della riforma che introdusse il Servizio sanitario nazionale e di guida esemplare della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2″

Nonostante i riconoscimenti ed l’importante ruolo istituzionale in casa mia l’abbiamo sempre considerata un po’ come “una di famiglia”, una donna da ammirare e da imitare, un modello di  intelligenza e competenza e onestà come ormai se ne vedono pochi e di cui questo Paese avrebbe un gran bisogno.

Roma

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