Emoticon ed emozioni.

Parliamo di comunicazione oggi in classe e loro, i campioni mondiali della comunicazione digitale (nel senso che digitano alla velocità della luce con i pollici, sullo schermo dello smartphone, senza neppure guardare ciò che scrivono) non sono molto propensi ad accettare l’idea che parlare con una persona, guardandola negli occhi, possa permettere di comunicare in modo più efficace.

Eppure sanno molto bene quanto i loro messaggi, scambiati ad alta velocità, possano creare, ed abbiano già creato nel recente passato, fraintendimenti, litigi, rotture di sodalizi che duravano dalla scuola dell’infanzia, lunghissime discussioni estenuanti a base di K, di tvb e di messaggi dal significato criptico.

Sanno molto bene che la comunicazione non è fatta solo di parole, ma soprattutto di sguardi, di gesti, di sorrisi, di toni della voce, sanno bene che le emozioni, quelle vere, passano soprattutto attraverso i linguaggi non verbali.

Ma loro usano le emoticon (le faccine sorridenti, arrabbiate, stupite, spaventate che popolano le loro chat)… usano le emoticon e sono contenti così.

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