Archivio mensile:Agosto 2016

Un tè alla menta.

Sembra un controsenso quando la temperatura si attesta intorno ai quaranta gradi (grado più, grado meno non fa differenza) dissetarsi con un tè alla menta bollente, eppure in Marocco funziona così.

Uno dei momenti che ricordo con più piacere del mio recente viaggio è stato un tardo pomeriggio a Marrakech: mi sono seduta ad un tavolino del bar a bordo piscina dell’hotel dove alloggiavamo, ho ordinato un tè caldo, ho aperto un libro e mi sono messa a leggere sorseggiando la bevanda forte, corroborante e dolcissima (secondo l’uso locale).

Ho bevuto il mio tè, ma versarlo dalla piccola teiera d’argento è tutta un’altra storia, perchè tutta l’operazione richiede doti di acrobazia non comune: bisogna alzare la teiera e versare il liquido dall’alto cercando di centrare il minuscolo bicchiere di vetro lavorato in cui di solito viene servito.

Decisamente non ce la posso fare.

Marocco - Marrakech

Marocco - Meknes

 

Dove vanno le cicogne?

Quando ero bambina mi raccontavano che le cicogne, oltre a portare i bambini, migravano alla fine dell’estate nei paesi più caldi, attraversando il Mediterraneo, dirette verso l’Africa, un po’ come fanno le rondini.

Per me si trattava di un animale quasi mitologico perchè non mi era capitato mai di vederle dalle nostre parti (il che spiegava forse, meglio del benessere economico e delle trasformazioni sociali, il rallentamento del tasso di natalità).

In età adulta avevo incontrato qualche sparuto esemplare di questi superbi animali nei villaggi della Transilvania o sui comignoli dell’Alsazia.

E’ quindi con grande stupore che ho scoperto, nella torrida estate del Marocco, che le cicogne probabilmente hanno deciso di non sobbarcarsi più gli aleatori rischi della traversata del mare, ma preferiscono starsene qui, in Africa, al caldo, appollaiate sulle merlature delle fortezze che circondano la Medina delle città imperiali, o sui minareti, o sui ripetitori telefonici e comunque se ne stanno lì, eleganti e indifferenti, in posizione elevata e forse osservano con un po’ di stupore il nostro stupore quasi infantile.

Marocco - Fes

Marocco - Fes

 

Le cascate di Ouzoud.

Lo spettacolo che non ti aspetti in Marocco sono queste stupende cascate, alte circa centodieci metri, che sembrano nascere dal nulla e cadono fra due pareti di arenaria rossa, proprio nel cuore del Medio Atlante.

Si scende lungo un sentiero comodo e non troppo scosceso, tra bancarelle e alberi di fico, ulivo, carrubo e mandorlo, tra le voci, i profumi e i colori tipici di un souk, si incrociano asinelli carichi di merci e turisti, soprattutto marocchini.

Durante il percorso capita di imbattersi in numerosi esemplari di macaco berbero, le scimmiette di Gibilterra, intente a mangiare noccioline, a camminare incuranti dei turisti o ad arrampicarsi sugli alberi da dove osservano curiose i passanti.

Sono loro i veri padroni del luogo.

E poi si arriva ad una  balconata quasi ai piedi della cascata, bellissima e suggestiva, spesso ornata da un arcobaleno ed è quasi un peccato voltare le spalle a tanta bellezza per scattarsi un selfie.

Marocco - Ouzoud (Cascata)

Marocco - Ouzoud

Le concerie di Fes.

Nel cuore della Medina di Fes, fra vicoli angusti dove sono in vendita tutte le merci del mondo, capita di incontrare un asinello carico di pelli diretto alle concerie che sono una delle attività artigianali tipiche della città (non a caso un tempo il cuoio più pregiato veniva chiamato “Marocchino“).

Avvicinandosi ad una conceria si viene investiti dall’odore pungente delle sostanze usate per conciare e tingere la pelle, una miscela di urina di mucca, calce, acqua e sale, mischiata ai tannini e ai coloranti vegetali.

Dalla terrazza sopra la conceria lo spettacolo è quello di un girone dantesco, con le grandi vasche in pietra che contengono i vari elementi, dove si aggirano uomini che lavorano incessantemente senza apparentemente curarsi dei miasmi.

I visitatori riescono a mitigare l’impressione di soffocamento grazie ad un mazzetto di foglie di menta con il quale costruirsi una rudimentale maschera antigas, ma il lavoratori, laggiù tra le vasche, non hanno le foglie di menta.

arocco - Fes

Incredibili geometrie.

L’aereo si alza in volo, Marrakech a poco a poco scompare lasciando il posto ad una vasta area di campi e terreni pronti per essere coltivati o già verdeggianti di alberi ben allineati.

I profili dei campi disegnano eleganti geometrie che, viste dall’alto, sembrano quasi il dipinto di un artista contemporaneo o un immenso patchwork cucito da abili mani.

Sono geometrie che raccontano del lavoro dell’uomo, della fatica e della passione di mani e di cuori.

Mi stupisce sempre scoprire quanto la terra possa essere bella se vista dal cielo.

Marocco - In volo verso casa

Povere antiche pietre.

L’immagine delle macerie antiche, di quei muri devastati, di quelle vite devastate ferisce gli occhi e l’anima.

Quanti sono i piccoli borghi antichi del nostro Paese, i minuscoli grumi di case arroccate sui fianchi di un colle, quanti sono i muri di pietre cariche di storia, le chiesette che raccontano una devozione che non ha tempo?

Quando arrivano la morte e la distruzione ci accorgiamo di quanto siano preziosi quei muri e quelle pietre, di quanto siano importanti quei silenziosi testimoni del tempo.

Non possiamo permetterci di lasciare le cose come sono, fidando nella buona sorte, non possiamo permettere che quei borghi antichi, di cui l’Italia va giustamente fiera, si trasformino da luoghi di vita in luoghi di morte.

Sicuramente gli interventi per mettere in sicurezza i nostri paesetti richiederanno grandi risorse  economiche, scientifiche e culturali, ma se gli interventi permetteranno di salvare anche una sola vita, anche un solo muro, anche un solo brandello di memoria forse scopriremo di essere un Paese migliore.

Bergamo -  città alta

Spegnere i microfoni.

Non credo siano indispensabili lo stuolo di cronisti e il dispiegamento di mezzi nelle terre devastate dal sisma che ha colpito Lazio e Marche, non credo siano indispensabili lo stillicidio di notizie, le interviste dai risvolti scontati, le frasi di circostanza che sembrano pronunciate solo per far lievitare la commozione, quei microfoni impudichi, sempre accesi tra le macerie, che non permettono il riserbo del dolore.

In situazioni simili ho sempre l’impressione che il diritto di cronaca dovrebbe lasciare spazio alla compostezza del dramma, che i cronisti dovrebbero fare un passo indietro per non rischiare di essere d’intralcio alle persone che stanno lottando con il tempo e con la morte.

La televisione dovrebbe darci notizie essenziali, senza cercare a tutti i costi la “storia”, dovrebbe darci informazioni di servizio sui comportamenti da tenere per prevenire le tragedie e per essere veramente d’aiuto quando le tragedie accadono.

 

Solo desolazione.

Non ci sono parole per descrivere la sensazione orribile che mi ha colpito stamattina quando ho acceso il computer e, come sempre, ho dato un’occhiata alle notizie, non ci sono parole per spiegare lo smarrimento davanti alle rovine di tanti paesi che il terremoto ha spazzato via, di tante vite che ieri c’erano e oggi non ci sono più.

E penso a mia madre che, nei peggiori incubi, rivive ancora il dolore per la sua casa distrutta dalle bombe durante le incursioni aeree su Milano nell’agosto del ’43, ma quella era la guerra e, in un certo senso, quando si vive in tempo di guerra le distruzioni e la morte fanno parte di ciò che può accadere, possono essere inaccettabili, incomprensibili, ma non imprevedibili.

Quando viviamo in tempo di pace, invece,  non possiamo mettere in conto che il mondo come lo conosciamo, i nostri averi, coloro che amiamo e la nostra vita stessa possano essere spazzati via in pochi secondi.

Quando ciò accade ci prende un sentimento di desolazione profonda, come se un abisso oscuro si fosse aperto nell’anima.

Allora non ci resta che il dolore e, per chi crede, il rifugio della preghiera.

Il cassetto dei ricordi.

La breve vacanza in Marocco è già scivolata nel cassetto dei ricordi, tra le infinite immagini, impressioni, sensazioni di altre vacanze di altri viaggi, vicini e lontani, brevi o lunghi, piacevoli o tristi, ma sempre presenti e vivi.

Anche questo è stato un viaggio come gli altri, un viaggio con gli occhi aperti, con la mente aperta, per vedere, per capire, per conoscere, per non lasciarmi fuorviare dai pregiudizi che ci illudono di aver capito tutto quando abbiamo sempre tanto da imparare.

Come è accaduto per altri viaggi si è trattato di un “andare” lontano per ritrovarmi, un viaggio attraverso città, monumenti, paesaggi e persone che mi riporta come sempre a fare i conti con me stessa perchè ogni volta che parto per un nuovo viaggio so già che il viaggio, breve o lungo, in qualche modo mi cambierà, mi farà scoprire luoghi nuovi, ma anche nuove sfaccettature del mio essere che si definiscono e si precisano proprio nell’incontro con l’altro, con l’altrove.

Per questo sfioro con gioia il mio cassetto dei ricordi perchè so che ogni ricordo mi riporta un pezzettino della mia vita.

Marocco - Marrakech

La dolcezza di uno sguardo.

Nel Souk gli spazi sono così angusti che è quasi inevitabile incrociare gli sguardi di quanti camminano con noi, accanto a noi: sguardi indifferenti, sguardi curiosi, sguardi amichevoli, sguardi solo molto raramente infastiditi o ostili.

E poi succede di voltare un angolo e di sentirsi addosso uno sguardo incredibilmente dolce, due occhi neri e lucidi in un viso scavato dalle rughe che sembra inciso nel legno.

Mi fermo un attimo e osservo questo venditore di pane, seduto con le spalle appoggiate ad un muro, sotto un fanale dalla luce fioca: mi guarda senza fare un cenno, senza chiedere nulla.

Gli chiedo, accennando alla macchina fotografica, se posso scattargli una foto e lui fa un leggerissimo cenno di assenso, si rassetta un po’ e accenna appena appena a mettersi in posa, senza neppure tendere la mano per chiedere una monetina, come fanno molti.

Gli allungo, con un po’ di pudore, un soldino e lui mi guarda, guarda la moneta posata sulla sua mano e poi rivolge il palmo verso il cielo e comincia a sussurrare delle parole: la guida mi spiega che sta invocando su di me la benedizione di Dio.

Gli sorrido, lo saluto e mi allontano con la sua benedizione e, per molto tempo, con la dolcezza del suo sguardo nel mio.

Marocco - Fes