Anche loro sono miei colleghi.

La scure della repressione dopo il fallito colpo di stato si è abbattuta anche sulla scuola e molti insegnanti sono stati arrestati o sospesi dal lavoro.

Molti di loro probabilmente sono semplicemente persone libere che lo studio ha reso avvezze a leggere la realtà con spirito critico, senza piegare la schiena, senza adeguarsi al pensiero unico.

A loro dedico le parole di Gaetano Salvemini che, dall’esilio, dopo l’arresto e  il carcere, inviò al rettore una lettera di dimissioni di altissimo profilo:

“Signor Rettore la dittatura fascista ha soppresso, oramai, completamente, nel nostro paese, quelle condizioni di libertà, mancando le quali l’insegnamento universitario della Storia – quale io la intendo – perde ogni dignità, perché deve cessare di essere strumento di libera educazione civile e ridursi a servile adulazione del partito dominante, oppure a mere esercitazioni erudite, estranee alla coscienza morale del maestro e degli alunni.
Sono costretto perciò a dividermi dai miei giovani e dai miei colleghi, con dolore profondo, ma con la coscienza sicura di compiere un dovere di lealtà verso di essi, prima che di coerenza e di rispetto verso me stesso. Ritornerò a servire il mio paese nella scuola quando avremo riacquistato un governo civile”.

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