Archivio mensile:Agosto 2015

Come evitare gli assembramenti.

Prima di partire per la Turchia ho consultato diverse volte il sito “Viaggiare Sicuri” della Farnesina, spinta più dagli sguardi spaventati di parenti e amici ai quali raccontavo del mio viaggio che da una effettiva preoccupazione per la situazione della sicurezza di quel paese.

Il consiglio, assolutamente di buon senso, che veniva ripetuto era quello di evitare i luoghi affollati (oltre che, logicamente, di muoversi con cautela nel sud-est del paese), anche se evitare gli assembramenti è una cosa che faccio anche a Milano sia che mi capiti di trovarmi in mezzo a qualche manifestazione politica (più o meno autorizzata), sia che mi  imbatta in un’orda di tifosi di qualche squadra di calcio calata in città per una partita di coppa.

Resta per me un mistero capire come si faccia ad evitare gli assembramenti in una città di sedici milioni di abitanti, piena di turisti di ogni parte del mondo, di immigrati da molti paesi europei e arabi, di profughi da zone di guerra, dove ogni giorno attraccano navi da crociera cariche cariche di vacanzieri dove il traffico è spesso caotico.

Mi chiedo ancora come sia possibile evitare gli assembramenti nel Gran Bazar, o vivendo la “movida” intorno a piazza Taksim, o in coda per visitare il Topkapi o la Moschea Blu.

Seguire il consiglio della Farnesina diventa più praticabile solo dopo aver lasciato Istanbul, quando si attraversa la sconfinata Anatolia e si percorrono chilometri senza vedere un villaggio.

Ma Istanbul è così affascinante che non si può fare a meno di percorrere le sue vie e di visitare i suoi monumenti, immergendosi nella folla che si riversa in ogni angolo della città.

Istanbul

Mani e parole.

Mi rattrista non conoscere tutte le parole necessarie per raccontare a mia madre, non vedente, le immagini del mio viaggio che ancora mi affollano gli occhi e la mente.

Cerco di raccontare ciò che ho visto a lei, così avida di colori, di forme e di immagini, ma riesco a trasmetterle poco più dell’emozione delle mie parole e dei miei ricordi e mi dispiace non riuscire ad essere i suoi occhi.

“Mi piacerebbe vedere le tue fotografie” sussurra un po’ sconsolata, a mezza voce, e i non so cosa dirle, vorrei rassicurarla, vorrei consolarla, ma le parole di conforto mi muoiono in gola.

Quando parlo con mia madre mi rendo conto dell’enorme fortuna di poter vedere, di poter godere della bellezza e della luce, ma purtroppo, come spesso succede, si comprende l’importanza di ciò che abbiamo solo quando ci viene a mancare.

Allora le accarezzo le mani e il capo nella speranza che le mie mani sulle sue riescano a trasmettere ciò che le parole non sanno e non possono dire.

Pamukkale (Turchia)

Pamukkale (Turchia)

 

Qui e altrove.

Questa volta ho faticato parecchio a rientrare nella realtà, una realtà fatta di bucati infiniti, di valigie piene di ricordi, di lavoro già incombente.

Negli occhi e nel cuore ho ancora la luce della Turchia, i suoni di Istanbul, le emozioni della Cappadocia, le pietre levigate di antiche città sulle quali è passata la storia, i paesaggi immensi e vuoti dove sono solo terra e cielo.

Non riesco a staccarmi dai profumi di fiori e di spezie, dai sapori insoliti, ma gradevoli, da un’atmosfera rilassata e solare.

Sono qui, in un “qui” che ha tutti i fardelli della vita quotidiana, ma sono anche e ancora altrove, in una dimensione a metà tra il sogno e il ricordo, in una regione dello spirito in fondo così vicina, ma anche così lontana.

E la nostalgia mi sfiora…

Afrodisia (Turchia)

Metropoli e metropolitane.

Nei tre giorni passati a Istanbul ci siamo mossi soprattutto con il pullman o a piedi, in un’area limitata intorno al Corno d’Oro, trascurando allegramente la parte asiatica della città, d’altra parte una città così vasta impone al viaggiatore, che ha poco tempo a disposizione, di operare delle scelte drastiche.

Una sera, tuttavia, uno sparuto gruppetto ha deciso di avventurarsi in metropolitana per fare quattro passi nella zona di piazza Taksim.

Individuata la stazione vicina al nostro albergo abbiamo sceso diverse rampe di scala mobile fino ad arrivare ai tornelli dove un poliziotto gentilissimo ci ha aiutato ad acquistare una tessera per trenta corse che ci ha permesso di effettuare andata e ritorno.

Che dire?

La metropolitana, per il poco che ho potuto vedere, è pulitissima, senza una scritta, senza una cartaccia per terra, tutte le indicazioni (diconsi tutte) sono in turco e in inglese e, soprattutto, sono molto chiare.

Ma la cosa che mi ha colpito di più è stata il fatto che, una volta saliti sul vagone, gli adolescenti e i giovani, stravaccati sui sedili e con la musica a palla nelle orecchie esattamente come i nostri, sono scattati in piedi per cederci il posto.

E’ una gentilezza alla quale non sono più abituata da tempo immemorabile.

Istanbul

 

Il volo.

Uno dei luoghi più magici della Turchia è sicuramente la Cappadocia e una delle esperienze indimenticabili di questo viaggio è stata il volo in mongolfiera all’alba sul paesaggio “lunare” di questa regione.

Dopo una levataccia ad ore antelucane un pulmino mi ha prelevato in albergo poco dopo le quattro per portarmi alla sede dove mi sono registrata, ho fatto colazione, mi è stato indicato il nome del pilota e mi hanno fornito le istruzioni per il volo e l’atterraggio.

Poi, insieme ai compagni di avventura di ogni parte del mondo che avrebbero condiviso il volo con me, sono atata accompagnata in aperta campagna nel luogo, vicino a Göreme dove i palloni variopinti cominciavano a gonfiarsi contro il cielo di un azzurro sempre più pallido.

Completate le operazioni di allestimento della mongolfiera ci siamo imbarcati e subito siamo scivolati verso il cielo, innalzandoci ad altezze ragguardevoli mentre le prime luci del giorno cominciavano a delineare i profili dei “camini delle Fate” e delle guglie di tufo calcareo scolpite da secoli di erosione in forme insolite e fiabesche.

Il nostro pilota, abilissimo in verità, alternava momenti di dolce salita a vertiginose discese quasi a sfiorare le rocce, mentre, sbucando da dietro ad una parete, all’improvviso comparivano le decine e decine di palloni che, nel frattempo, si erano levati in volo.

Il volo è durato quasi un’ora, in un silenzio stupito ed ammirato, parlavamo tutti sottovoce quasi per non disturbare la voce del vento e il silenzio del sorgere del sole.

Alla fine siamo atterrati dolcemente, ci è stato offerto dello spumante e sono stata riaccompagnata in albergo giusto in tempo per raggiungere il mio gruppo intento a consumare la prima colazione.

Ma non trovavo le parole per descrivere il volo, ammutolita dall’emozione per tanta imponente bellezza.

Cappadocia - Volo in mongolfiera

 

Non so da dove cominciare.

Come si fa a trovare le parole per raccontare otto giorni in Turchia densi di emozioni, di immagini, di profumi, di sogni?

Allora proverò a partire dall’arrivo a Istanbul, dal traffico intenso di una città di sedici milioni di abitanti divisa tra due continenti, proverò a partire dalla luce particolare che il Bosforo e il Corno d’Oro riflettono sugli edifici, dal vento che mitiga il calore del sole, dalle centinaia di minareti che svettano sulle case, dai suoni di una città popolosa a cui si mescolano, nelle ore canoniche, le voci che invitano alla preghiera e le musiche di centinaia di orchestrine che suonano all’aperto.

Proverò a partire dall’emozione forte di trovarsi in un luogo lontano e diverso, di camminare tra secoli di storia in un incrocio di lingue, di culture di religioni.

Proverò a Partire dalla bellezza della Moschea Blu o dall’imponenza di Santa Sofia e della Moschea di Solimano il Magnifico.

Proverò a partire dallo stupore che dà un senso di vertigine, mentre gli occhi non sanno dove guardare e vorrebbero spalancarsi a dismisura.

Mi rendo conto che per raccontare tutto ci vorrebbero pagine e pagine e allora procederò per gradi, racconterò “la mia Turchia” un poco per volta, a puntate, affidandomi alle parole e alle immagini, pur consapevole della difficoltà di trasmettere tanta bellezza.

Continua…

Istanbul

Solo un po’ di tristezza.

L’eccitazione della partenza per la Turchia è velata solo da un po’ di tristezza.

Istanbul e la Cappadocia sono luoghi che avevamo a lungo sognato di visitare insieme, con quella curiosità, quella voglia di scoprire e di imparare che caratterizzava tutti i nostri viaggi, anche quelli a cortissimo raggio.

E invece la vita, con i suoi colpi di timone, non ha permesso che fosse così.

Ora parto da sola, anche se so di non essere sola e guarderò per tutti e due e ascolterò per tutti e due e cercherò di capire e di imparare per tutti e due e nel mio continuo dialogo interiore, che dura ormai da più di otto mesi, racconterò ad entrambi i miei pensieri, le mie impressioni, le mie scoperte, le mie emozioni.

Ma forse, in fondo in fondo, non serve perché sono sicura che chi ha camminato al mio fianco per una vita i miei pensieri li conosce fin da subito.

Idroscalo 2013

 

L’insolito gelato.

Expo 2015 ha dedicato la giornata di Ferragosto al gelato e così oggi quasi tutti i padiglioni proponevano gelati e granite dai gusti particolari dal sorbetto al pomodoro basilico e mandorle dello chef Oldani, al gelato alla birra, alla granita allo champagne del padiglione del Principato di Monaco (ça va sans dire).

Io non sono una fanatica del gelato, ma ho apprezzato moltissimo quello del padiglione del Sultanato del Barhain, delicato e gustoso, allo zafferano e alla rosa.

Rosa e zafferano possono sembrare uno strano abbinamento, anche dal punto di vista cromatico, ma il gelato è stato proprio una piacevole sorpresa.

Milano - Expo 2015

Chiudo la valigia.

Mi piacerebbe viaggiare con un bagaglio leggero, mi piacerebbe portare con me le poche cose veramente indispensabili per affrontare la strada non come turista, ma come viaggiatore: occhi attenti per vedere, orecchie sensibili per ascoltare, mente disposta a capire e cuore aperto alla condivisione.

Invece il mio bagaglio sarà proprio un bagaglio da turista: ci saranno vestiti (leggeri e pesanti, potrebbe far caldo, potrebbe far freddo), ci sarà un assortimento di medicine per affrontare (quasi) tutti i malanni prevedibili e imprevedibili, e poi la fida macchina fotografica e il lettore mp3 (con i vari caricabatterie) e i calzini per entrare nelle moschee, e sciarpe e foulard per coprirmi il capo e le spalle, ma senza esagerare perché tra le mie ansie ricorrenti c’è la paura di superare i fatidici venti chili.

E poi alla fine, tra incertezze e inevitabili dimenticanze, chiuderò la valigia e sarò pronta a partire per quello che sarà il mio primo viaggio dopo tanti anni di vacanze tranquille tra le mie montagne.

Come sempre il desiderio di partire si mescola ad una sottile inquietudine, perché partire significa comunque e sempre allontanarsi da una realtà amica e conosciuta e affrontare il nuovo e per me, abitudinaria, ma curiosa, si tratta sempre di fare i conti con sensazioni contrastanti.

 

Strade in salita.

La strada che sale al Passo dello Stelvio dal versante di Trafoi è impervia e quasi senza respiro, si percorrono quarantotto tornanti secchi mentre le moto ci sorpassano e, a nostra volta, superiamo i ciclisti impegnati nella dura salita.

Davanti a noi un’auto occupata da una coppia non più giovanissima si impianta ad ogni tornante obbligandoci a rallentare, ma intanto c’è il tempo perché lo sguardo spazi sulle cime che, a poco a poco, mentre la strada si arrampica sempre di più, si rivelano in tutta la loro imponente bellezza.

E poi si arriva al passo, dove il traffico è quello delle vie della movida milanese, e finalmente si può guardare la strada percorsa, la salita che sembrava insuperabile, un po’ come quando si attraversa un periodo difficile e poi si supera la crisi, si trova un momento di quiete e si può guardare indietro e sorridere.

A questo pensavo lassù, sul muretto battuto dal vento, mentre contemplavo la strada.

La montagna, comunque la si affronti, comunque la si viva, riesce sempre a insegnarci qualcosa.

Passo dello Stelvio