Archivio mensile:Luglio 2015

Quattro chiacchiere.

Una delle esperienze più rilassanti in questi giorni passati tra le mie montagne e fare quattro passi in paese, sedersi su una delle panchine davanti all’oratorio (panchine che al pomeriggio godono di un’ombra provvidenziale) e chiacchierare oziosamente con qualcuno (tanto da queste parti conosco quasi tutti e trovare qualcuno con cui chiacchierare non è un’impresa difficile).

Si parla di tutto e di nulla, ma si parla guardandosi negli occhi, senza farsi distrarre dallo schermo dello smartphone, senza condividere foto e filmati con la persona che ti sta di fianco, ma condividendo idee (più o meno profonde, non importa) con le parole, con il tono della voce, con la mimica facciale, con i gesti, con i sorrisi, con gli sguardi.

E’ una bella disintossicazione anche per chi, come me, non è un nativo digitale, ma comunque di solito comunica di più con una tastiera che con la voce.

E’ così rilassante parlare che, tante volte, il telefonino resta dimenticato a casa, perché qui non serve.

E poi è incredibile come sia più facile comunicare quando, per decodificare l’intenzione comunicativa del tuo interlocutore, ci si può servire delle orecchie, degli occhi, dei gesti, degli sguardi.

E’ tutta un’altra storia.

Moggio

L’odore della pioggia.

Oggi è caduta un po’ di pioggia, qui, tra le mie montagne, e ormai era da così tanto tempo che non succedeva che mi ero quasi dimenticata che la pioggia ha un profumo, soprattutto quando cade dopo tanto tempo.

La prima avvisaglia è il cielo che si incupisce e rende grigi i colori poi, accompagnato dal mormorio del tuono, inizia il suono delle gocce sulle foglie, mentre un brivido percorre l’aria rinfrescandola immediatamente.

Poi arriva il profumo, il profumo del bosco bagnato, un profumo che sa di muschio, di legno e di foglie, un profumo che ha il potere di riportarmi alla memoria immagini sepolte nel passato.

Tornano alla mente le tante corse attraverso i boschi mentre dal cielo cupo si rovescia la pioggia e l’acqua penetra nei vestiti e sembra attraversare la pelle e il vapore si alza dalle rocce che il sole aveva arroventato creando cortine di nebbia.

Spalanco le finestre e lascio che l’aroma del sottobosco mi invada le narici e le stanze.

Mi piace assaporare il profumo della pioggia.

Moggio

 

 

Più su.

In questo luglio rovente fa caldo anche qui, tra le mie montagne, è un caldo sopportabile, per carità, ma lì, a portata di mano c’è la funivia che porta in alta quota e allora perché non approfittarne?

La prima impressione, quando si scende dalla cabina, è di una temperatura quasi fresca, ma passa subito: anche qui il sole picchia come un martello, ma fortunatamente ogni tanto si nasconde dietro una nuvola.

Decido di salire più su, verso i duemila metri e imbocco la strada sterrata.

Ad ogni curva mi soffermo a osservare il panorama (e a tirare il fiato) e, ad ogni curva, il panorama cambia, si allarga, abbraccia tutte le montagne intorno e laggiù, avvolta nella foschia della calura estiva, la pianura che si stende a perdita d’occhio.

La salita è faticosa, ma regala nuovi sguardi ad ogni passo e permette di misurare la propria forza, il fiato, le gambe e, ad ogni passo, sposta un po’ più in là il limite e ti aiuta a capite te stesso e ciò che puoi fare.

La salita è educativa e gratificante, è una sfida buona che ti aiuta a crescere (anche se ti senti abbondantemente cresciuto), ti premia con la fatica, ma anche con la soddisfazione di riuscire a mettere un passo dopo l’altro.

E quando arrivi ti volti indietro, guardi la strada percorsa e ti senti bene.

Piani di Artavaggio

 

Lentezze.

Sarà per colpa dell’afa de questi giorni, sarà perché, in realtà, non ho molto da fare, ma mi sento invasa da un’indicibile sensazione di lentezza e faccio un po’ fatica a riconoscermi, visto e considerato che di solito mi muovo con un passo più veloce e con riflessi più scattanti.

Anche i miei pensieri sembrano rallentati, oziosi, indugiano tra pieghe di ricordi e volute di sogni senza concludere molto.

La cosa buffa è che tutta questa lentezza in realtà non è riposante, anzi mi lascia quasi estenuata come se muovermi e pensare alla velocità del bradipo mi costasse il doppio della fatica.

 

Per silenziosi sentieri.

I pochi giorni passati tra le mie montagne, le montagne della mia infanzia, dell’adolescenza, dell’età adulta, le montagne di questi miei giorni nei quali osservo incredula le rughe del viso e i capelli bianchi, i pochi giorni trascorsi qui, dicevo, hanno riportato alla mente e al cuore un mondo di ricordi.

Mentre passeggio tra sentieri che mi sembra di conoscere da sempre ritrovo tanti momenti della mia vita.

Mi rivedo trotterellare dietro il passo lento e sicuro di mio padre che mi ha insegnato l’amore e il rispetto per la montagna, mi rivedo giovane mamma guidare il mio bambino attraverso la stessa esperienza, mi rivedo passeggiare con la mano nella mano di mio marito cercando di compensare con il mio procedere fermo il suo passo ormai diventato incerto.

Ricordo  la vita che è stata, una vita a volte non facile, ma spesso felice, ricca di amore e di condivisione.

Non ho mai camminato da sola per questi sentieri silenziosi, ora invece il silenzio della mia solitudine si riempie di pensieri e di sogni, il silenzio mi fa compagnia.

Per questo non sopporto le comitive chiassose, i motori rumorosi che si arrampicano lungo pendii fatti per essere percorsi a piedi e in silenzio, non sopporto i resti di un picnic abbandonati vicino alla fonte e le braci mal spente di un improvvisato barbecue nella radura ai piedi di un faggio secolare.

Non sopporto tutto ciò che viola la maestosa bellezza della montagna, che turba la dolcezza dei miei ricordi.

Come il poeta vorrei sussurrare: Cammina leggero perché cammini sui miei sogni“.

Al tramonto dal belvedere del Parco Valentino ai piani dei Resinelli

 

 

 

Gruppo di famiglia (in un esterno).

Mentre aspettiamo il nostro tagliere sulla terrazza della pizzeria, confortati da una brezza fresca che scivola giù dalle montagne, il mio sguardo lascia per un attimo le cime, che oggi non sono avvolte dalla foschia della calura estiva, e indugia sul tavolo vicino al nostro.

C’è una famigliola: una mamma, un papà e un bambino di una decina d’anni che hanno appena finito di consumare il loro pranzo.

Il bambino si aggira annoiato attorno al tavolo, ogni tanto chiede con voce sempre uguale: “Andiamo a giocare al torrente?”.

La madre, senza alzare lo sguardo dallo schermo dello smartphone, risponde con voce (anche lei) sempre uguale: “Tra un attimo, tesoro”.

Il padre, seduto di fronte a lei, con lo sguardo altrettanto fisso sul suo smartphone, non risponde neppure.

Il bambino continua a girare intorno al tavolo, sempre più annoiato, continua a ripetere la stessa domanda senza perdersi d’animo e senza ottenere una risposta.

La scena continua per una ventina di minuti (giusto il tempo di consumare il nostro pranzo), senza variazioni evidenti, poi ci alziamo, ce ne andiamo e io non saprò mai come va a finire la storia.

Mentre torniamo verso casa continuo a ripensare al bimbo e alle sue domande senza risposta.

Che pena!

Moggio

Lacrime e sorrisi.

Non si piange solo di dolore, qualche volta un’emozione, anche gioiosa, anche positiva ha il potere di inumidirci gli occhi a tradimento.

Personalmente, quando mi succede, mi sento un po’ stupida, mi arrabbio con me stessa perché, mentre faccio fatica a sfogare il dolore in un pianto liberatorio, magari mi viene il “magone” davanti ad un tramonto o quando ascolto una canzone che mi ricorda momenti felici o quando delle parole gentili mi prendono alla sprovvista.

Mi è successo proprio ieri quando ho ricevuto il messaggio dei genitori di una mia ex allieva che, nel comunicarmi l’esito molto positivo dell’esame di maturità della ragazza, mi hanno rivolto parole che mi hanno emozionata.

E così mi sono ritrovata, io che non piango mai, con gli occhi inondati di lacrime davanti allo schermo del computer senza riuscire a fermarmi anche se il mio cuore era pieno di gioia.

E’ proprio strano il cuore umano o forse, più semplicemente, il confine tra il pianto e il sorriso è più labile di quanto non si immagini.

Cielo di luglio.

L’han definito un bacio tra Giove e Venere il fenomeno astronomico visibile in queste notti estive e, alzando gli occhi al cielo, anche in queste notti afose, si ha proprio l’impressione di vedere i due pianeti sfiorarsi in una danza nel buio.

Come per molti fenomeni astronomici visti dalla superficie terrestre, in realtà si tratta di un avvicinamento apparente, ma lo spettacolo è ugualmente emozionante.

Al di là delle osservazioni degli scienziati c’è qualcosa di antico e di poetico in questo nostro scrutare il cielo: come gli antichi anche noi ci lasciamo andare ad attribuire ai corpi celesti i nostri sentimenti più umani e così la bellissima Venere, dea dell’amore, della grazia, dell’armonia, sembra in queste notti a sfiorare il potente Giove, il signore degli dei.

Nulla, nel cielo notturno, disturba il loro incontro, non gli altri astri che sembrano impallidire, non la luna piena  che brilla imponente nell’altra metà del cielo.

Lo spettacolo della natura ci lascia sempre a bocca aperta.

Congiunzione Venere G