Archivio mensile:Aprile 2015

Irrinunciabile.

In questi giorni mi è capitato sott’occhio un filmato troppo divertente: ad Amsterdam c’è un autobus turistico che, dopo un breve giro sui canali, imbocca una rampa e scende in acqua dove completa il suo tour della durata di tre quarti d’ora galleggiando allegramente.

Praticamente si tratta di un mezzo anfibio, ma l’impressione che produce il repentino inabissamento è esilarante e anche un po’ sconcertante.

Girando per la rete ho scoperto che ce n’è uno analogo anche a Rotterdam che sguazza nelle acque del porto.

Ho l’impressione che, quanto prima, mi regalerò un giretto nei Paesi Bassi.

Trezzo sull'Adda

 

Vite.

Sono vite umane quelle spazzate via dal sisma che ha devastato il Nepal, donne, uomini, bambini e anziani, migliaia di vite, migliaia di storie che non conoscevamo e che non conosceremo mai, vite e storie che ieri erano vere reali e oggi sono nulla, cancellate.

E’ lontano il Nepal, facciamo persino fatica ad individuarlo sulle carte geografiche, e Katmandu è una città che forse conosciamo solo come punto di partenza per le spedizioni himalayane, se chiudiamo gli occhi non riusciamo neppure a ricordarne il profilo, quello che aveva intendo dire, perché l’immagine di oggi la conosciamo purtroppo bene, è l’immagine di una città devastata, l’immagine di macerie e rovine, di grandi fessure nell’asfalto, di desolazione.

La Caritas parla di migliaia di morti, seimila forse, numeri enormi, terribili, numeri di una contabilità dell’orrore che rischiano di scivolarci addosso senza che riusciamo neppure a comprenderli.

Mi addolora scoprire quanto sia difficile condividere il dolore di tanti, un dolore così immenso che ci sfiora soltanto perché lontano, poco conosciuto, poco compreso.

Probabilmente ora partiranno le raccolte di fondi per portare conforto alle popolazioni così crudelmente colpite, ma mi piacerebbe che non ci accontentassimo di versare un obolo (per quanto doveroso) che ci alleggerisca la coscienza e ci faccia sentire un po’ più buoni.

Mi piacerebbe che riuscissimo a provare compassione per quelle vite scomparse, per il dolore dei sopravvissuti.

Meno di una settimana.

Manca ormai meno di una settimana all’apertura di Expo 2015 e Milano mi sembra sempre più bella (sarà anche perché gli ultimi giorni sono stati caldi e soleggiati, quasi estivi).

Sono orgoglioso della mia città che si sta preparando ad accogliere i numerosi visitatori che si troveranno a spassare di qua, spero con occhi non distratti, attenti a cogliere la sua bellezza non sempre ostentata e, per questo motivo, ancora più preziosa ed esclusiva.

Ricordo quando l’avventura di Expo è cominciata, nel lontano ottobre del 2007, con la visita dei delegati del Bie a Milano, ricordo la città tirata a lucido, con le luci che si riflettevano sul selciato bagnato di pioggia e, mentre entravo alla Scala per assistere ad uno spettacolo di balletto, con lo sguardo abbracciavo la piazza ricca di luci e di fiori.

E’ passato tanto tempo e intanto la città ha mutato il suo aspetto, a Porta Nuova e al Portello i grattacieli si arrampicano verso il cielo, e questo è l’aspetto più evidente della trasformazione, vecchi edifici fatiscenti sono spariti, sostituiti da nuove costruzioni eleganti, ma intorno alla zona di Porta Venezia gli antichi palazzi signorili conservano ancora i loro giardini segreti, le eleganti scale liberty, le decorazioni in ferro battuto dalle forme sinuose: questo è solo un pezzetto dell’immenso patrimonio di bellezza e di cultura che mi piacerebbe che i visitatori di Expo potessero scoprire.

Purtroppo, però, Milano è così bella, è così ricca e così riservata che non basta una vita per apprezzarla.

Milano - Villa Necchi Campiglio

Per mare.

Dietro le spalle il deserto e prima la fame, la violenza, la guerra, la paura di una morte orribile, davanti il mare, un mare spesso calmo, un mare da vacanze, da spiagge e ombrelloni, quasi rassicurante e per attraversarlo ci sono navi che non sono navi, poco più che barche sulle quali stiparsi a centinaia pagando quel viaggio a caro prezzo.

Come si fa a non aver paura, ma la paura di quel mare e della traversata è niente in confronto alla paura di ciò che ci si lascia alle spalle.

E poi quel mare diventa una enorme bara, per molti, per troppi e noi ascoltiamo i numeri della strage, snocciolati dal telegiornale, magari seduti a tavola e, a poco a poco, quei numeri sempre più grandi ci fanno sempre meno impressione, ci facciamo l’abitudine, perché riusciamo ad abituarci persino all’orrore.

E poi i fiumi di parole che non possono fermare le partenze, perché la molla che spinge a partire è potente, non si arresta con le parole, con le invettive, con i decreti.

Probabilmente non esiste una soluzione immediata, non si ferma la disperazione, ma d’altra parte non è possibile accettare che le stragi continuino.

Forse bisognerebbe contrastare seriamente i mercanti di uomini e di speranza, magari aprendo degli uffici che si occupino dei rifugiati nei luoghi di imbarco e che si incarichino di indirizzarli nei vari paesi europei (mi sembra che sia giunta l’ora di assumersi, da parte di tutti i paesi, delle responsabilità) e poi lavorare per modificare la situazione politica dei paesi di origine: non si fugge dai paesi dove c’è un po’ di giustizia, un po’ di libertà, un po’ di dignità, un po’ di sicurezza, un po’ di pace.

Oppure possiamo continuare a parlare e rassegnarci alla conta dei morti.

Grado

E son soddisfazioni.

Ogni volta che parto per una gita scolastica (pomposamente definita “viaggio d’istruzione”) sono piena di dubbi e timori: temo che i ragazzi non si comportino in modo corretto, temo che succeda qualche imprevisto, che stiano male, che si facciano male, che tornino a casa ricordando solo la loro camera d’albergo e che imparino poco o nulla dai luoghi visitati.

Quando, al ritorno, li riconsegno ai genitori tiro un meritato sospiro di sollievo e, di solito, archivio tutta la faccenda tra le cose che mi hanno procurato un po’ di ansia e qualche arrabbiatura.

Quest’anno, complice l’anniversario della Grande Guerra, la gita di terza media ci ha portato a Trieste dove i ragazzi hanno avuto la possibilità di accostarsi alla complessa storia della città dalla prima guerra mondiale fino alla guerra fredda, senza trascurare alcuni luoghi che con la storia del ‘900 non hanno nulla a che vedere, ma che sono comunque interessanti, come la Grotta Gigante e Aquileia.

Questa volta il ritorno è stato senza traumi: il proprietario dell’albergo dove abbiamo soggiornato ha elogiato i ragazzi per il comportamento e per il modo in cui hanno tenuto le stanze ( e scusate se è poco).

Ma soprattutto ascoltare i complimenti della guida del Museo della Grande Guerra di Gorizia, che si è rammaricata della brevità della nostra visita visto che si trattava di ragazzi “preparati che conoscono la storia” per noi insegnanti non ha prezzo.

Sono piccole soddisfazioni, ma per noi, che facciamo questo mestiere, sono il carburante che ci fa andare avanti.

Redipuglia

Le ragazze di Trieste.

Quando frequentavo le scuole elementari l’ora di canto era dedicata invariabilmente a inni religiosi e canzoni patriottiche assortite che  spaziavano dalle guerre d’indipendenza alla Grande Guerra, tra tutte ce n’era una particolarmente orecchiabile che parlava delle campane di San Giusto, che battevano l’ora “non lontana” in cui la città di Trieste sarebbe stata liberata dal dominio austriaco, a cui rispondevano i canti inneggianti all’Italia delle ragazze della città.

Logicamente nessuno si era sognato di spiegare a delle bimbe la complessità della storia di Trieste in modo dettagliato, il nome della città era invariabilmente unito in un unico suono all’altra città irredenta e così per me, cresciuta tra “Vola colomba” e “Trento e Trieste”, la città giuliana ha sempre avuto un po’ i connotati del mito.

Non era mai stata a Trieste e il viaggio d’istruzione di quest’anno (che a causa dell’anniversario della Grande Guerra ci ha portato da queste parti) mi ha offerto l’occasione di “assaggiare” questa città bellissima, elegante, che per diversi motivi mi ha ricordato Praga, Vienna e Venezia, questa città cuore della Mitteleuropa, ricca di cultura e di storia, crocevia di popoli che qui avevano imparato a vivere fianco a fianco con rispetto e tolleranza.

Ho assaporato gli eleganti quartieri, i luoghi di culto delle diverse religioni posti uno accanto all’altro, l’aria limpida illuminata dal mare e mossa da una brezza leggera.

Alla fine della lunga passeggiata sono riuscita a concedermi un caffè nello storico Caffè degli Specchi in piazza Unità d’Italia, la più bella piazza della città.

Sorseggiare la bevanda aromatica (a Trieste c’è un vero e proprio culto per il caffè) accompagnata da un bicchierino colmo di cioccolata bollente mi ha riconciliato con la vita.

Trieste
 

 

La villa Della Porta Bozzolo.

La villa Della Porta Bozzolo fa parte dei beni del Fai e si trova a Casalzuigno in provincia di Varese, non lontano dalla sponda lombarda del lago Maggiore.

Si tratta di una stupenda “villa di delizia” che la famiglia Bozzolo, ultima proprietaria, ha ceduto al Fai nel 1989 (riservando per sé un piccolo alloggio)  affinché l’associazione  potesse restaurare l’edificio e il grande parco a terrazze rendendoli così fruibili a tutti.

Le numerose stanze sono riccamente affrescate e allestite con mobili e arredi purtroppo non tutti originali, perché la villa ha conosciuto un lungo periodo di degrado e spogliazioni, ma comunque coevi delle varie età della costruzione.

Anche le stanze del sotterraneo, come le cucine, i magazzini, le cantine e la ghiacciaia sono arredate e restituiscono intatta l’atmosfera di vita quotidiana e di lavoro della servitù che doveva essere numerosa.

Dopo la visita alle sale del piano terreno, del sotterraneo e del primo piano, dopo aver attraversato grandi porte decorate che si schiudono su ambienti deliziosi come il grande studio notarile, dove troneggia un’enorme scrivania circondata da ricche biblioteche, o le camere con i sontuosi letti a baldacchino si esce all’esterno e lì la bellezza del grande parco a terrazze e del piccolo “giardino segreto” catturano lo sguardo e il pensiero.

Ieri era una splendida giornata di sole, con una temperatura quasi estiva a tratti temperata da una leggera brezza che saliva lungo la collina e camminare nel parco, sull’erba verde e tenera è stata una vera delizia.

Sicuramente la villa è una delle tante bellezze della nostra regione, bellezze preziose, ma talvolta poco famose, che vale la pena di conoscere.

Casalzuigno (Varese) villa Della Porta Bozzolo

Scuola di vita.

All’inizio della mia carriera di insegnante, appena laureata e in procinto di affrontare il concorso ordinario (il primo indetto dopo molti anni), dopo aver lavorato come supplente più o meno temporanea in alcuni istituti tecnici della zona, fui nominata dal provveditorato per un incarico annuale in una scuola media di un paese lontanissimo da dove abitavo (e abito).

Emozionatissima e con la mia nomina in borsa mi recai nella scuola a cui ero stata assegnata e ben presto compresi perché la cattedra era restata vacante: si trattava di una scuola di “frontiera”, che serviva un quartiere sovraffollato e molto problematico, a me fu assegnata una seconda media molto numerosa, molti allievi provenivano da famiglie disagiate, alcuni erano intelligentissimi, ma dal punto di vista didattico erano allo stato brado.

Con la mia poca esperienza cominciai a lavorare con loro (e per loro), mettendo un po’ da parte la mia cultura classica fresca di studi e cercando strade per far breccia nella loro curiosità.

Verso la fine dell’anno, contro il parere dei miei colleghi più esperti, decisi di portarli in gita (visita d’istruzione è l’espressione corretta) e andammo a Milano per conoscere l’aspetto settecentesco della città, viaggiammo con il treno delle Nord e visitammo la città a piedi, osservando l’aspetto dei palazzi e l’assetto delle vie (praticamente fu una gita a costo zero, ma quello potevamo permetterci).

Verso le tredici ci sedemmo sulla gradinata del duomo per mangiare i panini che ci eravamo portati da casa e i ragazzi, dopo pochi minuti, si sparpagliarono nella piazza sparendo alla vista e sfuggendo al nostro controllo.

Mentre cercavo di localizzarli (un po’ preoccupata in verità) uno tra i più “svegli” corse verso di me urlando: “Prof, il Sindaco di Milano vuole incontrarla”.

Stupita e un po’ incredula lo seguii, mentre gli altri ragazzi comparivano come per magia dal nulla che li aveva inghiottiti, e vidi l’allora Sindaco, proprio lui in persona, circondato dalla scorta e da uno stuolo di giornalisti, che mi salutò, mi chiese cosa stessimo visitando e ci invitò a conoscere Palazzo Marino dove ci guidò nelle sale, anche in quelle non aperte al pubblico.

Alla fine della visita regalò a me e a tutti i ragazzi dei libri sul palazzo e sulla città, grandi libri illustrati e preziosi che i ragazzi riportarono a scuola e sui quali studiarono fino alla fine dell’anno con entusiasmo.

Scoprii poi che quella incredibile disponibilità forse era da attribuire alle imminenti elezioni per il Parlamento Europeo, ma per i miei ragazzi fu una grande occasione per comprendere che il mondo non si fermava al loro paese e che c’è tanto da conoscere, da capire e da imparare.

L’anno finì, vinsi il concorso e tornai a lavorare a pochi metri da casa, ma l’esperienza di quell’anno di scuola, così difficile, ma così entusiasmante, mi è restata dentro e forse ha contribuito a fare di me l’insegnante che sono.

I miei ragazzi di allora li ho ancora nel cuore.

Milano

Allarme bomba.

Gira sui social, ma anche ormai a livello di chiacchiere da bar, la storia della ragazza (di solito cugina, nipote, sorella di un parente di un collega di lavoro) che, per strada, vede un “arabo” perdere il portafoglio, lo raccoglie e lo restituisce al legittimo proprietario il quale, per sdebitarsi, consiglia alla giovane di non salire sul metrò il primo maggio (guarda caso proprio il giorno dell’apertura di Expo 2015).

Questa storia mi è stata raccontata da alcune persone che, a loro volta, l’hanno ascoltata da un amico a sua volta parente più o meno stretto della ragazza in questione.

Ora i casi sono due: o la ragazza fa parte di una famiglia patriarcale con un numero spropositato di cugini, zii, cognati e consanguinei vari, o gli arabi distratti che perdono il portafoglio (e che sono a conoscenza  di tutti gli attentati in preparazione) sono veramente troppi perchè il segreto possa essere mantenuto a lungo.

Per inciso una storia analoga circolava anche nel maggio 2011 (si vede che maggio è un mese propizio per gli attentati).

Comunque non è il caso di continuare a diffondere queste “leggende metropolitane” che creano ansie, allarmismi e timori ingiustificati (oltre a distogliere dal loro lavoro le persone preposte a garantire la sicurezza).

Milano metrò
 

La Pietà trasloca.

Il celebre ed emozionante capolavoro di Michelangelo è stato collocato  oggi in un nuovo ambiente, più vasto e, probabilmente più spettacolare: l’ex ospedale spagnolo restaurato di recente.

In precedenza era collocata in un ambiente suggestivo, ma un po’ angusto, ricavato nella Sala degli Scarlioni, sempre all’interno del Castello Sforzesco, quasi alla fine del percorso del piano terreno.

Vi si giungeva dopo aver attraversato una lunga teoria di sale dagli allestimenti spettacolari e ci si ritrovava in uno spazio spoglio e in penombra dove la scultura risaltava in tutta la sua drammaticità.

Spero che il nuovo allestimento permetta di ammirare la Pietà Rondanini in tutta la sua bellezza, ma lasci spazio ai visitatori per sostare al suo cospetto.

All’inizio del prossimo mese, in occasione dell’apertura di Expo, sarà possibile visitare il nuovo allestimento e (scusate se è poco) ammirare la Sala delle Asse finalmente restituita.

Milano Castello Sforzesco