Non sono (solo) una donna.

In un tripudio di mimose mi sento sempre più a disagio, a disagio per una festa che è diventata l’ennesimo motivo per uscire a cena, per vendere qualche fiore in più, per riempire trasmissioni televisive di parole che suonano posticce.

Non mi piace pensare di avere meriti o privilegi solo perché sono una donna, non mi piace l’idea di essere apprezzata (o disprezzata) perché sono una donna, ma perché sono io, sono una persona dotata di pregi e di difetti, come tutti del resto.

Se mi viene da piangere mi piace pensare che sarebbe la stessa cosa se fossi un uomo,  se mi impegno in tutto quello che faccio non mi piace l’idea che si pensi che lavoro sodo “come un uomo”, mi piace affrontare i problemi e risolverli, alcune cose mi vengono bene, altre meno, ma non ha molto a che fare con il fatto di appartenere al genere femminile singolare, ha a che fare con me e con come sono fatta io.

Non è vero che “se il mondo è una favola è grazie alle donne”, come recita una pubblicità “a tema” in onda in questi giorni, il mondo è una favola perché ci sono uomini e donne da favola e se non lo è la responsabilità  va equamente divisa tra i generi.

Regalateci pure la mimosa, ma ricordate che le donne sono donne tutto l’anno, così come gli uomini, e che non servono privilegi e pari opportunità, non servono discorsi di circostanza pieni di buone intenzioni.

Basterebbe riconoscere a ciascuno, uomo o donna che sia, la dignità di essere umano.

mimosa

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