Con occhi nuovi.

Sono occhi nuovi quelli con cui ho imparato ad osservare il mondo: gli occhi di chi spinge ogni giorno una carrozzina per disabili e deve studiare percorsi sicuri per evitare marciapiedi sconnessi, tombini sporgenti, gradini traditori, troppo alti o troppo ravvicinati, buche e sampietrini mobili.

A mio marito e a me piace viaggiare, lo facciamo con passione, insieme, come succede ormai da quando eravamo poco più che ragazzi e ci piacerebbe farlo ancora, ma ogni spostamento anche piccolo richiede un lavoro di pianificazione che manco lo sbarco in Normandia.

Bisogna assicurarsi che i mezzi di trasporto siano idonei, che alberghi, ristoranti, musei e gallerie abbiano ascensori adeguati e nessun gradino da superare, che ci siano aree di parcheggio abbastanza larghe per affiancare la sedia a rotelle all’auto per permettere il passaggio dal sedile, che le stazioni della metropolitana abbiano i montascale funzionanti.

Spesso, prima di recarci in qualche luogo vicino a casa nostra, provo da sola il percorso per verificare che, all’ultimo momento, non ci troviamo di fronte a qualche barriera insuperabile oppure, quando mi ritrovo in qualche luogo con mio figlio mi trovo ad osservare “Ecco qui potremmo (o non potremmo) portarci papà”.

Ma gli imprevisti sono sempre in agguato: sono le auto parcheggiate sui marciapiedi o attraverso i varchi, sono i servizi per disabili inagibili, sono i montascale e gli ascensori guasti, sono le rampe troppo ripide.

E’ un mondo pieno di barriere che, come sempre succede, si vedono solo quando ci si trova nella necessità di affrontarle e bene ha fatto il regista Bertolucci che ha denunciato al sindaco Marino la non accessibilità della Capitale.

Coloro che, come mio marito, hanno le gambe che non funzionano più non possono rassegnarsi a non utilizzare neppure gli occhi, la mente e il cuore e a starsene rinchiusi in un piccolo spazio protetto.

E’ una questione di civiltà.

Brunate

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