Ecco, appunto.

Ormai non riesco quasi più a sopportare le persone che, quando qualcosa non funziona come dovrebbe, si abbandonano ad estenuanti filippiche contro la corruzione dilagante e i più fantasiosi complotti (o gomblotti che dir si voglia).

Si badi bene, anch’io penso che, purtroppo troppo spesso, se qualcosa non va, ci siano delle precise responsabilità, ma non è sempre il caso di abbandonarsi ad esercizi di dietrologia a buon mercato.

Oggi, per esempio, ho notato una signora che, davanti alle porte automatiche dell’ospedale che restavano inesorabilmente serrate, ha cominciato a concionare contro gli sprechi di denaro pubblico e gli appalti poco limpidi che fanno sì, per esempio, che le porte di un ospedale nuovo di pacca non si aprano.

La signora si chiedeva a gran voce dove fossero finiti i soldi, chi se li fosse mangiati, come fossero stati scelti i fornitori mentre intorno una piccola folla consenziente si andava addensando tra commenti poco lusinghieri e gesti di sconforto.

Poi qualcuno le ha fatto sommessamente notare che si trattava di una porta dedicata all’uscita e, per questo motivo, dotata di un vistoso segnale di divieto d’accesso.

L’indomita signora, per nulla convinta, si è diretta con passo fiero verso la porta d’entrata sibilando tra i denti:

“Comunque quella porta non si è aperta!”

Ecco, appunto.

Milano

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