Archivio mensile:Ottobre 2011

Bisogno di perfezione.

E’ normale sentirsi piccoli, piccoli davanti alla maestosità di una montagna o all’immensa superficie del mare o ad un cielo stellato in una notte algida d’inverno o ad un bosco dalla mille sfumature autunnali: sono paesaggi che, se abbiamo un po’ di sensibilità, ci raccontano la nostra pochezza, ci richiamano alla nostra condizione imperfetta di creature, anche se continuiamo ad illuderci di essere i signori del mondo.

Mi perdo davanti alla bellezza della natura e non trovo neppure le parole per esprimere il senso di vertigine che mi prende, ma resto lì con gli occhi e la mente incapaci di abbracciarla e di comprenderla.

La stessa sensazione mi cattura quando mi fermo ad osservare una foglia, un fiore o, come oggi, uno splendido germano reale intento a sistemarsi le piume della sua livrea dagli accostamenti di colore arditi ed eleganti.

Sarà che ho bisogno di bellezza e di perfezione forse per contrastare la zavorra dell’imperfezione umana.

Trezzo sull'Adda

Non vedo il problema.

Ho letto un trafiletto su LaRepubblica che mi ha sconcertato.

Beppe Grillo avrebbe affermato che se dovesse andare in Parlamento “farebbe la fine di Pannella, gli sputerebbero addosso” e, francamente, sono rimasta stupita da questa esternazione.

Io penso che chi ritiene di aver qualcosa da dare al Paese, chi ritiene di avere idee nuove che possano migliorare la vita di tutti dovrebbe scendere (o salire) nell’agone politico senza curarsi troppo del consenso della folla.

Spesso i grandi innovatori sono persone sole, che hanno il coraggio di portare avanti le proprie idee senza preoccuparsi di essere una voce “che grida nel deserto”, se il consenso fosse unanime non sarebbe necessario agire, perchè non ci sarebbe nulla da cambiare: vivremmo in un Paese perfetto.

La politica, quella vera, è spirito di servizio e assunzione di responsabilità e chi ha qualcosa da dire o da dare dovrebbe impegnarsi per proporre la propria visione del mondo, anche dall’interno, anche rispettando le regole del gioco che si possono cambiare solo quando si ha il potere di farlo.

Altrimenti restano solo parole, belle, buone, ma parole.

Adotta una parola.

Ho letto nel blog di Alberto, in un post della scorsa settimana una simpatica e un po’ disperata iniziativa della Società Dante Alighieri: “Adotta una Parola”.

Si tratta di scegliere un vocabolo (un lemma) in una serie proposta e di diventarne, per un anno, custode e difensore, impegnandosi ad usarla e a promuoverne l’uso corretto.

Chi, come me, ha a che fare quotidianamente con gli adolescenti può facilmente rendersi conto di come molti termini, fino a poco tempo fa di uso comune, siano così desueti da diventare incomprensibili il che rende estremamente arduo, per i ragazzi, capire un testo anche non particolarmente impegnativo.

Di conseguenza ho deciso di aderire anch’io all’iniziativa adottando la parola “bisdrucciolo” : un aggettivo abbastanza tecnico, che i miei allievi “dovrebbero” conoscere visto che si tratta del termine che identifica le parole (piuttosto rare in verità) che hanno l’accento tonico sulla quartultima sillaba.

Va da sè che qualora mi capiti di parlare di accenti tonici non potrò esimermi dall’usare (e dal far usare) il “mio” vocabolo.

N.B.: una volta perfezionata l’adozione è possibile stampare il certificato e, direi, appenderlo con sommo orgoglio in salotto.

Il viaggio.

Itaca.

Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
nè nell’irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l’anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d’estate siano tanti
quando nei porti – finalmente e con che gioia –
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca –
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull’isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

Konstantinos Kavafis.

Bergeggi (ottobre 2011)

Una moto in paradiso.

Non seguo volentieri il motomondiale, da quella maledetta gara sul circuito di Monza, nella quale, poco dopo la partenza, un terribile incidente si portò via Jarno Saarinen e Renzo Pasolini, da allora quando comincia una gara e sento il ruggito delle moto, me ne vado da un’altra parte, perchè il ricordo si ripresenta puntualmente e mi lascia inquieta.

Non ho visto l’incidente di Marco Simoncelli, ma poco importa: si tratta ancora una volta di una giovane vita spezzata.

Non conoscevo la persona e ora scopro che era una bella persona, uno di quegli sportivi capaci di donare entusiasmo , di lavorare seriamente senza prendersi troppo sul serio, capaci di essere un modello per gli altri giovani senza darsi troppa importanza.

Mi ha stupito il funerale trasmesso in contemporanea su due reti televisive, con un imponente concorso di gente, un funerale nel quale c’è stata tanta dolcezza e forse una punta di enfasi, ma forse era inevitabile, d’altra parte chi ha criticato la scelta di trasmettere le esequie avrebbe potuto scegliere un altro programma, magari l’ennesimo telefilm d’annata o il solito dibattito su qualche omicidio insoluto (con plastico annesso).

Chi ha assistito ai funerali ha visto il dolore composto dei parenti e degli amici, ha udito le parole piene di commozione del vescovo di Rimini, ha condiviso il ricordo di un gesto, di una frase, di un sorriso.

Sì forse c’è stata enfasi, ma in fondo, come canta Guccini: “gli eroi son tutti giovani e belli”.

E Marco Simoncelli era giovane, era bello ed era anche un bravo ragazzo.

Baby pensionati.

Non capisco la bagarre scatenata dall’affermazione del Presidente della Camera sulla consorte del leader della lega, come giustamente qualcuno ha osservato: si va in pensione con le regole che ci sono e, nel 1992, era ancora perfettamente legittimo andare in pensione a trentanove anni.

Era tanto legittimo che anch’io, che ho la stessa età della signora in questione, (riscattando gli anni di laurea) avrei potuto farlo.

Io, allora, pensavo di essere troppo giovane per smettere di lavorare, forse sono stata solo un po’ ingenua nel credere che avrei conservato i diritti acquisiti e che le regole del gioco non si cambiano mentre si sta giocando.

So per certo una cosa: quando finalmente andrò in pensione, tra sei o sette anni (chi può dirlo?) sicuramente non sarò troppo giovane.

Un giorno di pioggia.

Spesso in questo nostro povero Paese, la pioggia, anche quando non è un evento eccezionale, anche quando cade dopo un lungo periodo siccitoso, diventa subito emergenza.

Si rischia sempre di passare per profeti di sventura che indulgono in uno sterile catastrofismo, ma il dissesto idrogeologico del nostro Paese, del nostro fragile e bellissimo Paese, non può lasciarci molte speranze.

Una giornata di pioggia può trasformarsi in fiumi di fango che strappano vite umane e travolgono e devastano piccoli borghi da favola, come quelli del levante Ligure, come la deliziosa Monterosso, uno dei gioielli delle Cinque Terre, dalle piccole case tinte con delicati colori pastello.

E come dimenticare la devastazione di Roma, colpita da un nubifragio e paralizzata?

Chi appartiene alla mia generazione ha ancora negli occhi l’alluvione che colpì Firenze nel ’66, i libri preziosi sommersi dal fiume limaccioso in piena, il crocifisso di Cimabue strappato dalla violenza dell’acqua e la straordinaria entusiasta generosità degli angeli del fango.

A tanti anni di distanza poco è cambiato e il nostro prezioso patrimonio artistico e paesaggistico è sempre in pericolo, come e forse più di prima.

Di quanti angeli avremo ancora bisogno?

Basta un sorriso.

Quanti sentimenti si possono esprimere con un sorriso? Ovviamente dipende dal tipo di sorriso.

Si può esprimere gioia, affetto, simpatia, persino compassione, ma si può anche esprimere derisione e compatimento e allora il sorriso altro non è che un sorrisetto ironico.

Di che natura è il sorriso che si scambiano i due leader europei a una domanda non tanto sul nostro paese, ma sull’affidabilità dei provvedimenti di politica economica del nostro premier e del suo governo?

Le immagini parlano da sole.

Noi possiamo anche sentirci irritati e umiliati, possiamo anche attribuire l’acredine di Sarkozy alla vicenda legata alla Bce, possiamo osservare, con un po’ di conforto, che la Premier tedesca non si abbandona alle più grasse risate, ma, dopo un’occhiata d’intesa, abbozza un sorrisetto imbarazzato, che forse è più tipico della sua natura  che delle convenienze diplomatiche, possiamo persino farne un casus belli e manifestare davanti all’ambasciata di Francia.

Ma quel sorrisetto resta e, è inutile negarlo, ci brucia non poco.

Diritto di cronaca.

Le immagini del colonnello Gheddafi, ormai morto, stanno facendo il giro del mondo come era successo per altri dittatori prima di lui: si tratta  di immagini orribili, immagini che nulla lasciano all’umana pietà, la pietà che, dopo la morte, è dovuta a ogni essere umano, anche al tiranno più efferato.

Ricordo che quando, per la prima volta, ho visto su un libro di storia le immagini dei cadaveri appesi in piazzale Loreto, ho avuto un moto di profondo disgusto e non perchè mi desse fastidio vedere dei cadaveri, ma perchè mi pareva orribile quell’infierire su corpi ormai destinati all’oblio, poveri resti di uomini e donne che erano stati temuti e potenti, ma che ormai non erano più nulla se non tristi simboli di un regime caduto, di una storia finita.

So che esiste il diritto di cronaca, so che è giusto dare le informazioni nel modo più completo e lucido possibile, so anche che è comprensibile che chi ha vissuto sotto una dittatura sanguinaria provi un sentimento di rivincita, ma so  che non indulgerò ad osservare quelle immagini, perchè ormai hanno a che fare solo col passato.

E’ giusto che la Libia inizi una nuova storia e spero  che le radici della rinascita non affondino solo nel sangue e nella vendetta, ma nel desiderio di costruire un futuro di pace e di giustizia.

Altrimenti sarebbero radici troppo fragili.