Archivio mensile:Giugno 2010

Scudo spaziale.

Stando alle ultime notizie sul lodo Alfano pare che sia allo studio un’estensione dello scudo che prevederebbe una sospensione dei processi iniziati anche prima dell’assunzione della carica: si tratterebbe di un vero e proprio scudo spaziale.

Poi sarà la volta dell’alabarda galattica.

Il ritorno di batman.

Nel mio paese è lotta senza quartiere alle zanzare, una lotta combattuta su vari fronti e con mezzi diversi,  dalla distribuzione di liquido per eliminare le uova, al posizionamento in luoghi strategici delle bat box, per permettere il ritorno dei pipistrelli.

Ho sempre aspettato il ritorno delle rondini, un po’ perchè le associo romanticamente al ritorno della primavera, un po’ perchè mi mette allegria vederle volteggiare eleganti nel cielo, ma non ho mai pensato di potermi rallegrare alla vista dei pipistrelli e invece questa sera, mentre me ne stavo seduta in giardino senza schiaffeggiarmi forsennatamente la pelle, ho alzato lo sguardo e ne ho visti un paio gironzolare intorno agli alberi e sotto i fanali.

Evidentemente le bat box funzionano: ben tornato batman e buon appetito.

Cavenago

Le tasche degli italiani.

Con un’espressione decisamente poco elegante il Governo si vanta di far fronte alla crisi senza aumentare le tasse affermando di  non voler “mettere le mani nelle tasche degli italiani (come se il prelievo fiscale equivalesse ad un borseggio, ma pazienza).

La crisi si affronta con altri metodi, per esempio tagliando i trasferimenti ai Comuni, come se i Comuni fossero delle entità astratte, macchine per bruciare soldi, pozzi senza fondo.

Non so come funziona per le realtà di grandi dimensioni, so però, perchè siedo in un Consiglio Comunale, cosa succede in un piccolo comune virtuoso, che ha sempre tenuto i conti in ordine, che ha sempre evitato gli sprechi, che non ha mai violato il patto di stabilità.

So che, nelle ultime riunioni di giunta, si fa un gran parlare di tagli, si studiano le spese che si possono ridurre, ma ormai è fin troppo evidente che tutto il superfluo (se c’erano spese superflue) è stato eliminato ed ora è il momento di cominciare a ridurre i servizi: lo scuolabus, ad esempio, che porta i bambini a scuola in sicurezza permettendo ai genitori di uscire presto per recarsi al lavoro, gli educatori che affiancano i bambini in difficoltà ai quali lo Stato non riconosce un sostegno adeguato, il sostegno alle associazioni di volontariato, come l’Auser, che offrono un servizio di trasporto prezioso, a prezzi molto contenuti, ad anziani e ammalati e chi più ne ha più ne metta.

I sindaci hanno più volte affermato, appendendo le fasce tricolori sui cancelli di una celebre villa della zona, o riconsegnandole al prefetto, o andando a sdraiarsi davanti al Parlamento che non ci stanno a questo gioco al massacro perchè sono proprio i sindaci a vedere le difficoltà dei cittadini dritto negli occhi.

Nel nostro Comune abbiamo deciso di organizzare una piccola manifestazione che dia visibilità al nostro disagio e spieghi ai cittadini la situazione: nel prossimo week end chiuderemo il municipio appendendo sul nostro splendido palazzo settecentesco uno striscione con la scritta “in liquidazione” , presidieremo la piazza del paese occupando per tre giorni e due notti una tenda nel cuore della comunità e contemporaneamente allestiremo degli spazi nei quali spiegare alla gente l’impatto dei tagli sulla vita quotidiana di ciascuno.

Forse non servirà a nulla la nostra iniziativa, ma starsene fermi a guardare sicuramente serve ancora meno.

Cavenago di Brianza

Il vero scandalo (parte seconda).

Qualche giorno fa ero a Brescia, in piazza della Loggia, un luogo che come piazza Fontana o la stazione di Bologna fa venire, a quelli della mia generazione, un brivido.

Anche in piazza della Loggia, come negli altri luoghi, c’è una lapide con una fila di nomi, anche in piazza della Loggia mi sono soffermata a leggerli, in mezzo al traffico di auto e persone che continua a scorrere indifferente.

Non sono affetta da un sentimento un po’ macabro, ma semplicemente leggo quei nomi e cerco di immaginare quelle persone, persone normali, come persone normali erano i clienti della Banca dell’Agricoltura o i viaggiatori accaldati in attesa in una stazione in un giorno d’estate, persone normali come me che si sono trovate per un gioco insondabile del destino ad essere vicine all’epicentro dell’esplosione.

Persone normali come quelle che trent’anni fa salivano su un aereo diretto verso il mare, in una sera d’estate e per un gioco insondabile del destino si sono trovate troppo vicine a qualcosa che ha strappato loro la vita e il futuro.

Sono importanti le lapidi, ma credo che sarebbe più importante, per il rispetto che dobbiamo ai morti, la conoscenza della verità.

Il vero scandalo, per questi caduti in tempo di pace, è non sapere, il vero scandalo è che non ci siano responsabili, che nessuno paghi, che tutto continui come se si trattasse di una fatalità.

Il vero scandalo è il silenzio.

Brescia

Il vero scandalo.

La delusione è  forte: i campioni del mondo uscenti sono letteralmente usciti dal mondiale e da più parti ho sentito commenti amareggiati nei quali la parola che ricorre di più è “vergogna”.

E’ buffo che in un Paese nel quale ci si vergogna ormai veramente di poche cose ci si senta in dovere di riservare questo sentimento ad una sconfitta sportiva, ma probabilmente abbiamo bisogno di rimettere a fuoco le nostre priorità.

In un servizio televisivo ho sentito commentare, con una punta di ironia, le fuoriserie lussuose e le mete esotiche che attendono i nostri guerrieri per le vacanze estive.

A mio parere non ci si rende conto che lo scandalo vero non consiste nel fatto che siano saliti da “perdenti” su una automobile di lusso, ma che vivano, vincenti o perdenti che siano, nel lusso, un lusso che altri (i nostri premi Nobel per esempio) sono ben lungi dall’immaginare.

Il vero scandalo è che un coetaneo di questi privilegiati che magari ha scelto di fare il ricercatore e lavora con accanimento, mettendo a disposizione di tutti il proprio talento e la propria intelligenza, debba sbarcare il lunario con quattro soldi.

La colpa, però, non è dei giocatori i quali fanno, più o meno dignitosamente, il loro mestiere, la colpa è di un sistema di valori distorto che non sa premiare il duro lavoro, la dedizione, la professionalità, il merito.

Quale modello di scuola?

Evidentemente ancora traumatizzata dalla prova Invalsi sostenuta dai miei ragazzi all’esame di terza media (per fortuna senza grossissimi danni) ho continuato a rimuginarci su anche durante la breve vacanza che mi sono concessa e più rimugino più mi rendo conto che i conti non tornano.

La domanda di fondo che mi attanaglia è: quale modello di scuola abbiamo in mente? Vogliamo che la scuola italiana sia selettiva o inclusiva?

Nel primo caso la prova Invalsi capita proprio a fagiolo, ma nel secondo qualche problema c’è: non è una prova adatta a ragazzini DSA, non è una prova adatta ai ragazzini stranieri (anche se presenti da molti anni nel nostro Paese), non è una prova adatta a chi abbia qualche disabilità a livello cognitivo e, infine, non è una prova adatta a tutti quei ragazzi che, per i più diversi motivi, hanno un percorso scolastico accidentato.

Il test fotografa una realtà, ma non può suggerire percorsi educativi e soluzioni, è un test e tanto basta.

L’altra domanda che mi pongo è l’utilizzo che si potrebbe fare della prova Invalsi: in una ipotetica valutazione della mia “produttività” come insegnante che peso potrebbe avere?

Qualcuno potrebbe chiedersi a cosa serve il mio lavoro se non riesco neppure ad insegnare ai miei allievi a comprendere un testo di media difficoltà.

E allora si spalancano altri scenari: chi non avrebbe la tentazione di “liberarsi” di quegli allievi che sono al di sotto della sufficienza, giusto per non vedersi crollare la media, chi non accarezzerebbe l’idea di crearsi una “classettina” ad hoc?

Ho sempre pensato che il mio lavoro consista nell’insegnare non tanto e non solo ai “bravi” e agli “intelligenti” , ma nel riuscire a portare tutti, ma proprio tutti i ragazzi, anche quelli in difficoltà, anche quelli demotivati, a compiere un percorso commisurato alle capacità e alle forze di ciascuno.

Temo proprio che la valutazione standardizzata, basata sui freddi numeri vada nella direzione opposta.

In fuga.

Ogni tanto bisogna proprio staccare dal lavoro, dalla vita quotidiana, dalle notizie che mi fanno arrabbiare, dalla routine e allora, approfittando di qualche giorno di intervallo tra un esame orale e l’altro siamo scappati a Brescia.

Perchè proprio a Brescia?

Per tre motivi fondamentali: perchè sì, perchè c’è, perchè è una città che non conosco.

Siamo arrivati ieri, l’albergo è confortevole, la città è elegante e deliziosa (nei prossimi giorni pubblicherò qualche foto) e poi sta tra due laghi così oggi ne abbiamo approfittato per andare a Iseo, prendere il battello e fare una scarpinata (praticamente la prima dell’estate) fino al Santuario in cima a Montisola.

Come sempre mi succede, in questi casi, mi trovo a ripetere che non serve andare lontano.

Montisola

Ma quanto mi costi?

Uno dei dibattiti più accesi a proposito del Federalismo verte sugli effettivi costi che questa riforma potrebbe avere: c’è chi afferma che si tratti di una razionalizzazione delle spese che porterebbe ad un effettivo risparmio, c’è chi paventa costi altissimi.

Da venerdì scorso abbiamo un nuovo ministro che si occuperà specificamente dell’attuazione del federalismo, a chi si è allarmato per gli eventuali, probabili costi in più, derivanti da un nuovo ministero, si è obbiettato che si tratterà di un ministro “low cost”.

Ora, visto che il Federalismo è una riforma prevista nel programma della coalizione di governo per semplificare la macchina dello Stato, ho l’impressione che il governo, con un ministro per l’attuazione delle riforme, un ministro per l’attuazione del programma e un ministro per la semplificazione, abbia già la squadra necessaria e sufficiente alla bisogna.

A mio modesto avviso, a voler ben guardare, il Federalismo parte già con il piede sbagliato: parte già con una spesa superflua.

Fratelli su libero suol.

Leggo che oggi, a Pontida, ai piedi di un colossale Alberto da Giussano fa bella mostra di sè il verso “Fratelli su libero suol” di Manzoniana memoria.

Come già altrove devo notare che vengono ancora una volta saccheggiati i simboli dell’Unità Nazionale proprio da chi non ne intende commemorare la memoria.

Chi ha scelto questo verso, certo suggestivo, forse non ha notato che nella strofa precedente l’autore vagheggia proprio l’Unità Nazionale e la liberazione dallo straniero.

Non fia loco ove sorgan barriere
Tra l’Italia e l’Italia, mai più!

Certo qualcuno potrebbe osservare che il lombardissimo Manzoni, parlando del Ticino, sognava una sorta di patria padana ante litteram, un po’ come dire: Piemonte e Lombardia riunite in un’unica nazione.

Ma è il poeta stesso che smentisce questa fantasiosa interpretazione con i versi seguenti:

Non vedete che tutta si scote,
Dal Cenisio alla balza di Scilla?

Quindi non parlava della padania il buon vecchio don Lisander, ma dell’Italia, la Nazione della quale sarebbe diventato, nella vecchiaia, senatore, la Nazione che descriveva così:

Una d’arme, di lingua, d’altare,
Di memorie, di sangue e di cor.

Pontida Abbazia di san Giacomo