Archivio mensile:Novembre 2008

Prima di partire.

Abbiamo sempre viaggiato molto, mio marito ed io, soprattutto quando eravamo giovani, ma anche oggi che il tempo per andarcene a spasso è così limitato, appena è possibile andiamo da qualche parte.

Prima di ogni partenza, però, c’è sempre stata una fase “preparatoria” non meno affascinante fatta di programmi, di consultazioni accurate di guide turistiche e mappe,  magari anche di letture di qualche romanzo ambientato nel luogo che avremmo visitato, perchè per noi il viaggio è sempre iniziato “prima, prima di fare le valigie o di imbarcarci su qualunque mezzo di trasporto, prima di arrivare in un albergo o in un campeggio in qualche città sconosciuta, per noi viaggiare è sempre stato anche conoscere, nel modo più approfondito possibile, la realtà che ci circondava, calarci in un mondo nuovo tra genti di culture diverse, tra monumenti carichi di storia che non ci pareva bello ignorare, tra usi, costumi, cibi, abitudini diverse dalle nostre con le quali avevamo scelto di convivere, anche se per breve tempo.

Il tempo per viaggiare era sempre poco e ci pareva uno spreco non arrivare in un luogo già un po’ “viaggiati”, così la vacanza, anche se brevissima, sembrava più lunga, così ritrovavamo scorci e angoli che avevamo visto solo in fotografia o tra le righe di un racconto, gettandoci in una appassionante caccia al tesoro.

Se viaggiare è un modo per conoscere non ha importanza quanto sia lontana o esotica la meta, anche la città a pochi chilometri da casa nostra può spalancarci i suoi segreti se la accostiamo col desiderio di sapere e di capire.

milano piazza mercanti

La Parola ai Giurati.

Ieri sera non era certo la serata giusta per andarsene a zonzo per Milano, ma quando si è prenotata una poltrona a teatro con largo anticipo bisogna farsi coraggio e affrontare la notte di tregenda.

Così, un po’ fortunosamente, un gruppetto di disperati infreddoliti si è riunito, verso le otto, nel foyer del Teatro Manzoni per assistere allo spettacolo “La parola ai Giurati“, tratto dal testo di Reginald Rose con Alessandro Gassman.

La trama è piuttosto semplice: dodici giurati si ritrovano in camera di consiglio, in un torrido pomeriggio di agosto, per pronunciare un verdetto di colpevolezza che pare scontato, uno di loro, però, ha un ragionevole dubbio e, confutando le prove indiziarie a carico del giovane omicida, a poco a poco riesce ad insinuare i dubbi anche nella mente degli altri giurati, fino a raggiungere un verdetto di innocenza.

Lo spettacolo è giocato sul contrasto fra i caratteri dei personaggi, così diversi fra loro, sui pregiudizi, sulle false certezze e sulle sofferenze individuali, non è solo un lavoro teatrale contro la pena di morte, ma anche contro un atteggiamento piuttosto diffuso che spinge a giudicare gli altri non in base ai fatti, ma all’opinione comune.

La messa in scena ricalca, in modo piuttosto fedele, l’omonimo film del 1957 con un indimenticbile Henry Fonda anche se ci sono spunti che richiamano in modo evidente l’attualità.

Comunque penso che sia valsa la pene di strapparsi dal calduccio di casa per passare una serata a teatro.

Ottimismo!

La parola d’ordine, in questi momenti di crisi, è ottimismo, guai a lasciarsi andare al pessimismo, guai a farsi prendere dalla paura del futuro, bisogna incentivare i consumi, muovere l’economia che rischia una fatale stagnazione, ma come si fa?

Qualche giorno fa ho sentito il direttore di un quotidiano affermare che gli statali e i pensionati non hanno alcun ragionevole motivo di consumare meno e di risparmiare, perchè possono contare su un reddito sicuro (magari non eccezionale, ma sicuro) : effettivamente io sono dipendente statale, mio marito è pensionato per cui il nostro reddito non è sostanzialmente mutato rispetto a un anno fa, quel che è mutato è che il nostro ragazzo è un lavoratore atipico e qualche dubbio sul futuro del suo reddito cominciamo a nutrirlo (è vero i figli dovrebbero cavarsela da soli, ma non è sempre facile).

Allora, magari, evitiamo gli acquisti non necessari, facciamo più attenzione ai prezzi, rimandiamo le spese che forse, un anno fa, avremmo affrontato a cuor leggero.

Ogni tanto penso che mio padre, quando aveva più o meno la mia età, riusciva a provvedere alla sua famiglia (la moglie casalinga e due figli all’università) senza grossi patemi, certo era un grande lavoratore, ma il lavoro c’era e mio padre poteva anche permettersi il lusso di preoccuparsi anche degli anziani di famiglia.

Oggi spesso sono gli anziani che devono dare una mano ai figli in difficoltà, perchè oberati da un mutuo, perchè in cassa integrazione, perchè la fabbrica chiude: è un mondo ben strano nel quale l’ottimismo, per molti, è un lusso.

vetrina

Non solo indifferenza.

I giornali riportano la notizia di un’aggressione, da parte di quattro ragazzi, nei confronti di una persona colpevole solo di essere straniera e di sbarcare il lunario vendendo fiori in un bar.

Il fatto, odioso di per sè, sarebbe avvenuto nella totale indifferenza di quanti, presenti nel locale, hanno preferito voltarsi dall’altra parte.

Cosa ti spinge a voltarti dall’altra parte? L’indifferenza, forse, ma non solo, c’è anche il timore di essere coinvolti, di passare dal ruolo di spettatori a quello di protagonisti, la paura di subire lo stesso trattamento, la paura di trovarsi da soli, l’impressione che chi agisce con prepotenza ed arroganza, calpestando i diritti altrui, raramente venga punito.

Non è giustificabile l’atteggiamento di chi fa finta di niente, ma purtroppo è comprensibile: chi non è abituato a far uso della violenza e della prevaricazione si sente disarmato ed impotente e allora preferisce defilarsi.

L’unica consolazione è che l’indifferenza, comunque, non è stata veramente totale: qualcuno ha trovato il coraggio di chiamare le forze dell’ordine, qualcuno ha trovato il coraggio di testimoniare, questo significa che, in fondo, anche chi non ha trovato la forza di intervenire non si è reso complice, con un colpevole silenzio, della violenza.

In questi tempi così difficili, nei quali la solidarietà e la corresponsabilità sono merce rara, il poco è già qualcosa.

[si veda anche qui]

Caro Enzo…

Mi dispiace che la mia città abbia deciso di non assegnarti la sua più alta benemerenza civica, mi spiace che sul tuo nome ci sia stato uno scontro fra le forze politiche che tu, probabilmente, non avresti apprezzato e condiviso.

Non ti avrebbe appassionato questa discussione un po’ becera, fatta col bilancino, si è osservato che hai già avuto la medaglia d’oro, hai avuto gli onori del Famedio, diciamolo: la medaglia alla memoria parrebbe francamente troppo anche per un uomo integro e onesto come te, anche per un giornalista libero e mai prono ai potenti di turno, anche per un grande italiano.

Ti immagino sorridere, con il tuo sguardo limpido velato da una sottile intelligente ironia, ti immagino dietro la tua scrivania commentare tutto il gran dicutere di questi giorni, con un’espressione divertita  e con il tono pacato.

L’Ambrogino d’Oro non aggiunge nulla al tuo alto profilo, non fa di te un giornalista migliore nè un uomo migliore: non assegnandotelo è la mia città che ha perso un’occasione.

Quando il silenzio non è una virtù.

Oggi è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne promossa dalle Nazioni Unite e credo che sia giunto il momento di gridare forte “basta!”.

Bisogna gridare forte per dare voce a tutte le donne che subiscono violenza, magari tra le mura di casa, e tacciono per paura, per vergogna, per quieto vivere, per impotenza.

Bisogna gridare forte perchè il silenzio crea una zona franca, un cono d’ombra dove possono accadere fatti di una brutalità inaudita che, se non detti, se non denunciati, non esistono.

In nessun modo una donna (un essere umano) può rischiare di essere accusata di provocare la violenza con i suoi comportamenti, con il suo abbigliamento, con i suoi atteggiamenti: non esiste alcun comportamento, atteggiamento o abito, per quanto libero o spregiudicato possa apparire, che giustifichi la violenza e neppure che la spieghi.

Diciamolo ad alta voce e a testa alta: stop alla violenza sulle donne, senza se e senza ma, il silenzio e la vergogna appartengono ai carnefici, non alle vittime.

Prima neve.

Annunciata dai bollettini meteorologici e dai messaggi, un po’ minacciosi, della protezione civile sul telefonino del sindaco, nonostante gli sguardi scettici rivolti al cielo sereno di ieri pomeriggio, questa mattina il paese si è svegliato sotto un leggero strato di neve, quasi una spolverata di zucchero a velo.

Verso le sette, mentre preparavo la colazione per tutti, non riuscivo a togliere gli occhi dagli alberi del giardino, dall’aspetto così insolitamente invernale.

Poi me ne sono andata a scuola, mentre i primi raggi di luce rischiaravano il cielo livido, camminando sotto gli alberi della scuola tutti imbiancati, attirata dalla luce calda e rassicurante dell’aula professori, l’unica accesa a quell’ora insieme a quella della  segreteria.

Fra gli insegnanti infreddoliti della prima ora del lunedì sono subito nate due fazioni: quella dei nivomani, allegri ed eccitati come bambini, che sognano solo di calzare gli sci o di fare a palle di neve, e quella dei nivofobi, per i quali la neve è un impiccio, una seccatura che ingombra le strade, peggiora il traffico e inzacchera i vestiti.

In breve la nevicata lieve lieve è cessata ed è iniziato il disgelo: i nivomani restano in attesa di un manto ben più abbondante ed avvolgente, i novofobi tirano un sospiro di sollievo.

Siamo tutti cittì (…e non solo).

Non mi basta essere stata ricoverata in ospedale per fare il medico, non mi basta aver ammirato un edificio per fare l’architetto, non mi basta aver visto un telefilm con Perry Mason per fare l’avvocato, non mi basta leggere un quotidiano per intendermene di giornalismo, non mi basta avere la patente per correre un gran premio di formula uno non mi basta neppure ammirare un giardino per dire di saper fare il giardiniere.

Ma mi basta aver visto una partita alla televisione per fare il commissario tecnico della Nazionale di calcio…

…e, purtroppo, mi basta aver frequentato una scuola qualsiasi (…e bene o male l’abbiamo fatto tutti o quasi) per sputare sentenze su pedaggia ed educazione…..

A Milano, per stigmatizzare chi, in modo saccente, esprimeva un parere da esperto, anche se esperto non era, si diceva: ofelè fa’ el to mestè

Mille bolle (non necessariamente blu).

Si fa un gran parlare del problema dei rifiuti, di come sia necessario diminuire la quantità degli scarti salvaguardando così l’ambiente e risparmiando sulle materie prime, ma non sempre è facile adottre comportamenti che vadano concretamente in questa direzione.

Da un po’ di tempo ho iniziato ad acquistare i detersivi alla spina, sia per la casa che per il bucato, e, dopo alcuni mesi di sperimentazione, posso osservare che, effettivamente, la quantità di imballaggi di plastica, prodotta dalla mia famiglia, si è ridotta in misura apprezzabile, la casa e i vestiti sono comunque puliti e ho risparmiato anche un po’ di soldini (che di questi tempi non guasta).

Invece di acquistare i detersivi, come facevo prima, al supermercato, mi reco in un Mille Bolle point  con i miei contenitori vuoti e faccio shopping: si tratta di una piccolissima variazione nelle mie abitudini (ho infatti scoperto che, nalla mia zona sono abbastanza diffusi), che mi permette di fare qualcosa per l’ambiente senza troppa fatica.

Sul sito dell’azienda è possibile trovare il punto vendita più vicino: certo per ora la difusione non è sicuramente capillare, ma mi sembra che si tratti di un’idea che merita di essere diffusa.

Provare per credere.

mille bolle

Di già?

Compilando il registro, ieri, mi sono accorta con un po’ di costernazione che il mese di novembre è già quasi finito, sono già passati due mesi abbondanti di scuola, le verifiche si accumulano sullo scaffale dell’archivio, i corridoi sono invasi dalle musiche natalizie che i ragazzi stanno provando per lo spettacolo di fine dicembre: insomma Natale è qui.

Anche le vetrine sono scintillanti, illuminate dai colori della festa che sembra ormai così vicina, dovunque sono luci e addobbi, cesti traboccanti di doni, dolci e giocattoli.

Eppure il clima non mi sembra festoso, forse sono influenzata dall’atmosfera di crisi che preoccupa molti, ma ho l’impressione che non ci sia l’allegra frenesia che, solitamente, caratterizza questo periodo.

Intorno si sentono discorsi  improntati a sfiducia, per molti la tredicesima, non ancora incassata, è già dispersa in mille rivoli o impegnata per affrontare rate di mutui o scadenze impellenti, molti guardano al futuro con un po’ di apprensione, c’è un clima strano di attesa e di timore, quest’anno le vacanze di Natale per molti saranno lunghe, perchè c’è poco lavoro e allora tanto vale chiudere in attesa di tempi migliori.

Spero di sbagliarmi, ma temo che non sarà un Natale facile.

stelle di natale