Archivio mensile:Luglio 2008

Varenna.

Varenna è la cittadina del Lario che amo di più, è sobria ed elegante, forse meno famosa di altre località, ma incredibilmente ricca di fascino.

Si protende nel lago quasi di fronte alla punta di Bellagio, alla quale è collegata con un servizio di ferry; passeggiando fra le sue viuzze si coglie in pieno l’atmosfera raccolta del borgo, ma la vista più incantevole si gode sicuramente dalla sommità della rupe che la sovrasta sulla quale sorge il Castello di Vezio.

Anche la visita al castello ha un gusto di déjà-vu, ma vale sempre la pena di tornarci per assaporare il panorama del lago in un ambiente tranquillo, tra i giovani ulivi del Lario.

E poi, visto che non si vive di sola bellezza, intorno all’ora di pranzo è molto interessante una sosta in un piccolo ristorante, il Portichetto ( nel cuore del villaggio presso il castello) dove la cucina è di alto livello, la tradizione si lega con l’innovazione e i prezzi sono abbordabili.

La cosa un po’ triste è che si incontrano prevalentemente inglesi, tedeschi e americani: forse fa parte del costume nazionale misconoscere e snobbare i tesori di casa nostra.

varenna

Preparativi.

Sto preparandomi, psicologicamente, ma anche materialmente, alla mia vacanza-vacanza: dopo lunghe riflessioni, consultazioni di cataloghi e agenzie di viaggi, monitoraggi attenti del conto in banca, valutazioni dello stato fisico abbiamo deciso (e prenotato) una settimana di soggiorno in rifugio in una valle vicina.

Ce ne staremo  in quota, faremo trekking, riposeremo e mangeremo a crepapelle (conosco la cucina del rifugio e so già che mi prenderò qualche chilo nonostante le camminate).

Purtroppo il clima di questa estate sulle prealpi Orobiche è talmente instabile da obbligarci a prevedere un bagaglio di grandi dimensioni, con indumenti che ci permettano di spaziare da temperature invernali a calure estive con piovosità monsoniche.

Meno male che il borsone viaggerà sulla jeep, quindi potremo portarci appresso una serie di oggetti che, se dovessero viaggiare sulle nostre spalle, se ne starebbero a casa.

Ogni tanto aggiungo all’elenco degli attrezzi indispensabili qualcosa che indispensabile non è, ma quando non ci sono limitazioni di peso e misura, la fantasia può spaziare .

Nei ritagli di tempo studio cartine, controllo altimetrie, leggo guide turistiche insomma mi preparo perchè la vacanza, così breve e attesa, non vada sprecata.

Il tempo.

Al venerdì, anche quando non sono in vacanza, anche quando lavoro, mi capita di osservare come ormai la settimana, che sembrava appena cominciata, sia finita, “tempus fugit” dicevano gli antichi e purtroppo è verissimo, le ore e i giorni scorrono via veloci come i granelli di sabbia stretti in un pugno, scappano via i giorni divertenti e quelli noiosi, le giornate di pioggia e quelle di sole, le ore di ozio e quelle di frenetica attività e io resto sempre un po’ stupita e sgomenta quando me ne rendo conto.

Al lunedì faccio progetti e buoni propositi, al venerdì mi guardo indietro sempre con una punta di insoddisfazione per le occasioni perdute, il tempo “perso” le cose che avrei potuto dire e fare e non ho detto e fatto.

Lo so che è un po’ da persone anziane rammaricarsi della fuga del tempo, lo so che quando avevo diciotto anni mi guardavo alle spalle solo raramente e quasi mai con rimpianto, lo so che è un luogo comune idealizzare il passato, ma non posso farci niente: è così e basta.

Forse è meglio sforzarsi di vivere bene il presente (la cosa veramente difficile è riuscirci).

Meridiana valsesia

Quasi una magia.

Capita di camminare su un sentiero, percorso centinaia di volte, e di rendersi conto che ogni volta si scopre qualcosa di nuovo, come se fosse la prima volta che si passa di lì.

Capita di superare una piccola altura e scoprire un panorama nuovo e inaspettato: uno slaveggio, poco più che una pozzanghera, creato dall’ultimo acquazzone, dove magicamente si riflette un mondo.

E laggiù, in fondo, la montagna si erge imponente stagliandosi contro il cielo terso.

Capita di restare lì, incantati, quasi senza fiato e di sentirsi improvvisamente piccoli e inadeguati.

pizzo dei tre signori

Schiava di Roma.

…e io che avevo sempre pensato che fosse la vittoria a essere “schiava di Roma”, la vittoria alla quale l’Italia, dopo aver calzato l’elmo di Scipio dovrebbe porgere la chioma…

Forse ho male interpretato, o forse non sono io quella che ha interpretato male…

Se ci sei….

Mi rendo conto che, ultimamente, sto trascurando un po’ il mio blog: sarà a causa della connessione lenta, del clima rilassato da vacanza, delle camminate sui monti, del bosco che mi “imbambola”, della costatazione, attraverso gli accessi e i commenti, che anche il resto della blogosfera langue, sta di fatto che ogni tanto mi impigrisco e non accendo nemmeno il computer.

Eppure ne avrei di cose da raccontare e da condividere, ma forse mi verrà meglio a settembre, quando la vacanza sarà un ricordo e allora, parlandone, mi sembrerà di riviverne le emozioni.

Comunque ogni tanto batto un colpo e allora significa che, anche se con qualche discontinuità, continuo ad esserci.

fiore

La caduta dei miti.

Non mi interessa la cronaca anzi mi auguro, con tutto il cuore, che le notizie a proposito dei casi di doping al Tour risultino infondate, ma sono stanca di appassionarmi ad uno sport che è al centro di tanti sospetti.

Mi chiedo come sia possibile continuare ad entusiasmarsi per un’impresa sulle strade di montagna quando in fondo al cervello restano il dubbio e la paura di veder svuotata di significato e di valore ogni epica scalata.

Come già ho avuto modo di dire amo la montagna, conosco la fatica della salita e l’appagamento della vittoria prima di tutto su sé stessi e sui propri limiti, per questo motivo mi addolora scoprire di aver riposto il mio entusiasmo  e la mia passione su “miti” che non si rivelano tali.

Mi chiedo anche come sia possibile continuare ad additare ad esempio ai ragazzini che si avvicinano allo sport, e ad uno sport duro come il ciclismo, personaggi che potrebbero poi rivelarsi dei falsi eroi.

Chi fa uso del doping danneggia se stesso, danneggia lo sport, danneggia centinaia di giovanissimi che non hanno più dei miti in cui credere, dei modelli da seguire.

Chi decide di barare al gioco dovrebbe rendersi conto degli immensi danni che provoca.

In salita.

Camminare in montagna significa andare in salita (ovviamente anche in discesa, ma è difficile rendersene conto), la fatica fa parte del gioco, alzo gli occhi, la meta è là, è sempre là, ho l’impressione che non si avvicini nemmeno di un metro, ma nulla è appagante come arrivare, guardarsi alle spalle e ripercorrere con lo sguardo la strada percorsa.

Anche oggi è stato così, all’improvviso, dopo una curva del sentiero, appare il rifugio Cazzaniga-Merlini, bianco e inaccessibile, appollaiato su di un masso al termine di un sentiero che attraversa un prato impervio, verdissimo e costellato di fiori minuscoli e coloratissimi.

Il sentiero è roccioso, i sassi, smossi dalla pioggia recente, si spostano sotto gli scarponi rendendo più faticosa la salita, ogni tanto bisogna fermarsi per prendere fiato e rilassare i muscoli, poi si ricomincia con passi lenti ma regolari.

In fondo anche questa è la bellezza della montagna.

rifugio Cazzaniga Merlini

Girarifugi.

Da alcuni anni, sulle montagne lombarde, è possibile partecipare ad una simpatica iniziativa il “Girarifugi” che consiste, in buona sostanza, nel fare trekking, raggiungere un rifugio convenzionato e farsi apporre un timbro sulla tessera, alla fine dell’estate, riconsegnando la tessera, è possibile ricevere dei premi (per maggiori dettagli è consigliabile dare un’occhiata al regolamento).

Da alcuni anni  mio marito  ed io partecipiamo all’iniziativa, non tanto per i premi (regolarmente, infatti, trascuriamo di consegnare la tessera), ma perchè la raccolta dei timbri diventa un incentivo a percorrere nuovi sentieri, raggiungere nuovi rifugi, conoscere nuovi percorsi che attraversano vallate che conosciamo meno.

Sostare in un rifugio è spesso una bella esperienza perchè, se non c’è tanta gente, si ha l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere con il gestore (il capanatt), conoscere particolari della flora e della fauna del luogo, farsi indicare particolari punti panoramici.

Il rifugio, inoltre, offre assistenza e aiuto in caso di difficoltà, accoglienza quando il tempo cambia all’improvviso ed è importante che queste strutture continuino ad esistere proprio perchè diventano preziosi punti d’appoggio in quota.

Alcuni rifugi lombardi sono nati alla fine dll’800, hanno conosciuto devastazioni durante la seconda guerra mondiale, sono stati ricostruiti e riadattati con sacrifici e passione ed è sempre un peccato quando uno di essi deve chiudere perchè la manutenzione e la gestione sono troppo costose.

Per questo motivo il “Girarifugi” è una bella iniziativa, perchè permette di conoscere e di sostenere queste realtà senza le quali andare per monti sarebbe un po’ meno sicuro e piacevole.

Rifugio Bogani

Sensitivi si nasce.

Ogni tanto, quando la televisione resta accesa, mentre aspetto di vedere una trasmissione che mi interessa (di solito le trasmissioni che mi interessano iniziano in seconda serata), mi abbandono ad un po’ di zapping e, regolarmente, incappo in qualche mago (cartomante, medium, sensitivo e compagnia bella).

Questi personaggi mi affascinano: inquadrati a mezzo busto,  parlano con scioltezza, spesso in un italiano abbastanza approssimativo, illustrano le loro virtù e i loro poteri, sciorinano profezie e consigli, ripetono ossessivamente una serie di numeri di telefono (logicamente a pagamento) grazie ai quali è possibile mettersi in contatto con loro privatamente o in diretta.

Mi affascinano e mi incuriosiscono, ma soprattutto mi incuriosiscono le persone che telefonano (ammesso che le telefonate siano reali) e squadernano amori, problemi economici e di salute confidandosi con un perfetto sconosciuto il quale, con un giro di carte napoletane o di vecchi tarocchi, dà consigli o fa previsioni, spesso abbastanza generiche e, in fondo, risponde quello che la persona che ha telefonato desidera o teme di sentirsi dire.

Mi chiedo quanta insicurezza, quanta sofferenza, quanta ansia spingano delle persone normali a rivolgersi a un cartomante o a un astrologo per trovare la soluzione ai loro problemi, mi chiedo come sia possibile trarre profitto dalle difficoltà altrui.