Ricordando Piazza Fontana.

A Milano c’è una piazza, nella piazza c’è una banca.

La piazza sta proprio dietro all’abside del Duomo, ma è silenziosa e piccola, una volta ci passava sferragliando il tram che girava in mezzo agli alberi stentati, come sanno essere stentati gli alberi di una grande città, è tranquilla la piazza, una piccola area incastrata tra la cattedrale e il Verziere, più in là c’è via Larga con il suo fluire continuo di traffico e, in fondo alla stradina, via Festa del Perdono con l’Università Statale.

Passavo sempre dalla piazza per andare a lezione, ci passavo alla mattina presto e, se era avvolta dalla nebbia, mi sembrava ancora più triste e tetra del solito, passavo a testa bassa, di fretta, senza guardarmi intorno.

La Banca, invece, era una Banca come ce ne sono tante a Milano, dall’architettura grigia e austera, chiudeva, come un fondale di teatro, la piazzetta.

La Piazza è Piazza Fontana, la Banca è la Banca Nazionale dell’Agricoltura.

Il giorno della strage, il 12 dicembre 1969, io avevo sedici anni, frequentavo il ginnasio e avevo preso nove nel compito in classe di greco.

Eravamo andati in campagna, dalle parti di Inverigo, a trovare certi amici d’infanzia di mio padre, con i quali ci vedevamo sempre qualche giorno prima di Natale per farci gli auguri.

Avevo corso con mio fratello, per tutto il pomeriggio, sulle balze erbose coperte di brina invernale ed ero felice, un po’ per il bel voto in greco, un po’ per la vacanza inaspettata che mi riportava all’innocenza dell’infanzia.

Dopo cena, tornando a casa, mio padre accese l’autoradio (sulla nostra auto ce n’era una perché le produceva la ditta dove lavorava, ed era praticamente un prototipo) e la voce un po’ gracchiante ci diede la notizia della strage con tutti quei morti e quei feriti e poi ricordo, nel buio dell’auto che continuava a viaggiare, le imprecazioni di mio padre, di solito così misurato, il pianto di mia madre e mio fratello insolitamente tranquillo, ammutolito dalla reazione inaspettata dei miei genitori.

Quel giorno non si parlava ancora di terrorismo, gli anni di piombo e la strategia della tensione sarebbero venuti dopo, con tutti quei nomi che sono entrati di prepotenza nei nostri ricordi, Piazza della Loggia, l’Italicus, la stazione di Bologna, ma io mi sentii addolorata come se mi avessero rubato la gioia dell’innocenza.

Questo è il motivo per cui non voglio dimenticare e non mi rassegno all’idea di non avere risposte.

10 pensieri su “Ricordando Piazza Fontana.

  1. Alberto

    Scusate mi è scappata la mano. Dicevo. Grazie per questi tuoi ricordi personali. Hai ragione, come dici da me, che sulla blogosfera si parli poco o niente di questo giorno. Forse tanti blogger non erano ancora nati nel !969, e di quel fatto tremendo è rimasta poca memoria nella storia del nostro paese.

    Grazie per aver aggiustato il link.

  2. Sciura Pina Autore articolo

    @Dario: grazie a te
    @Alberto: Guai se dovessimo ricordare solo ciò che abbiamo vissuto personalmente, ho piuttosto l’impressione che in fondo di Piazza Fontana, come di tanti altri momenti oscuri della nostra storia recente, non interessi poi molto a nessuno. Sono però convinta che non ha futuro un popolo che rinnega (o dimentica) il proprio passato.

  3. ami

    Purtroppo in Italia possiamo riconoscere le generazioni dalla strage che ricordano meglio. Era estate, le finestre aperte ho sentito a Sesto il boato di Via Palestro. Non dobbiamo mollare e continuare a raccontare ai nostri ragazzi il nostro doloroso ricordo.

  4. Marco

    …Da molto tempo non mi recavo a Milano per una semplice passeggiata. Domenica scorsa, nel pomeriggio dopo una piacevole colazione dalla mia unica zia, ho accompagnato tutta la famiglia in centro e, lasciata alle spalle il Verziere e Via Larga ho proseguito a piedi verso l’arcivescovado. Entrato in Piazza Fontana ho avuto un senso di commozione: mi sono fermato, ho preso sottobraccio Arianna, mia figlia maggiore, e, senza ricordarmi dell’imminente ricorrenza che solo ora mi porti alla memoria come data, le ho mostrato la banca e le ho cercato di comunicare lo sgomento, la rabbia e lo smarrimento che provai alla pur tenera età di sei anni allora.
    Grazie per averlo ricordato.
    Ciao, Marco

  5. Skoptes

    Io, che nel 69 non c’ero, mi sento smarrita di fronte a questa ricorrenza.
    Il tuo ricordo, intimo e vero, mi aiuta a capire e ad evitare che quella tragedia mi sia così lontana.

  6. Elisabetta

    sono rimasta sgomenta anch’io quando proprio il 12 sono andata in università statale per consultare dei libri e i tram deviavano per “manifestazione con corteo”. al momento non ho ricollegato (non ero ancora nata nel 69) ma poi ho pensato alla strage e a quanto sia triste che nell’avvisare della deviazione dei mezzi non abbiano detto per cos’era il corteo, sarebbe stato un modo per ricordare anche a chi era in zona ma non partecipava al corteo di fermarsi un attimo per ricordare quel terribile evento.
    per chi vuole leggere un bel lavoro sulla memoria della strage di Bologna vi consiglio il libro di Annalisa Tota “La città ferita. Memoria e comunicazione pubblica della strage di Bologna, 2 agosto 1980”

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