Archivio mensile:Agosto 2007

La diga.

Negli anni cinquanta, quando ero bambina, l’altopiano della Valsassina era percorso da una lunghissima condotta che, a quanto mi risulta, raccoglieva le acque dei vari torrenti che percorrevano i fianchi dei monti e le convogliava verso le industrie di Lecco (mi sembra che si trattasse, in particolare della Moto Guzzi di Mandello del Lario).

Gli abitanti del luogo, e di conseguenza i villeggianti, chiamavano il lungo serpentone di cemento che si snodava fra i boschi “la diga” anche se in realtà con una diga non aveva nulla a che fare.

Quando non eravamo impegnati in escursioni più impegnative la percorrevamo per lunghissimi tratti (anche perché era un tragitto agevole per chi, come mia madre, doveva spingere un passeggino ingombrante, come quello con il quale portava in giro mio fratello).

Io camminavo con attenzione, per paura di cadere, dando la mano a mio padre il quale mi aiutava a superare i tratti dove mancava una lastra di cemento (probabilmente perché spezzata o per permettere la manutenzione e la pulizia della condotta).

Ogni tanto bisognava percorrere i bordi di un bacino di raccolta, allora il passaggio si faceva più stretto e richiedeva maggiore prudenza.

Poi la condotta è andata i disuso, i bacini sono stati demoliti, buona parte del tracciato è stato coperto dalle frane o dalla vegetazione, distrutto dalla costruzione di strade e case, così non ho avuto più occasione di percorrerla.

Solo qualche giorno fa, aggirandomi nei boschi del paese dove trascorrevo le vacanze da bambina, a pochi chilometri da dove le passo oggi, ho ritrovato la vecchia “diga” e, di colpo, ho rivisto la mia infanzia, ho rivisto i miei genitori ancora giovani passeggiare tenendo per mano due bambini irrequieti e vivacissimi, ho risentito il sottile brivido di paura e di eccitazione che mi prendeva quando dovevo superare i punti più difficili.

Ora ne restano poche centinaia di metri che si snodano attraverso il bosco…poche centinaia di metri di ricordi.

Valsassina la condotta

Fine agosto…

Le giornate si fanno più brevi e piovose, l’estate languidamente si spegne, i boschi sono più freschi percorsi da un brivido quasi autunnale e i telegiornali e la stampa parlano in modo quasi ossessivo dei rincari dei libri di testo: è segno che le scuole stanno per riaprire, con i loro problemi antichi, ma rinnovati ogni anno.

Per me la scuola riaprirà lunedì con il primo collegio dei docenti: questo significa che ci sarà solo una settimana di tempo per riprendere i contatti con il mio mondo, conoscere i nuovi colleghi, farmi un’idea della classe che mi verrà assegnata (quest’anno ricomincerò da capo con una prima), stendere progetti e stilare programmi, partecipare a commissioni e svolgere tutte quelle mansioni, un po’ noiose, che permettono di affrontare il nuovo anno scolastico.

Il guaio è che il mio cervello si rifiuta di impegnarsi perché è ancora disperatamente sintonizzato sulle montagne, sulle camminate lungo sentieri impervi, sul profumo del bosco e del fieno appena falciato.

Ci sono dei momenti, dopo una lunga escursione, nei quali finalmente si arriva da qualche parte, possibilmente molto in alto, allora, se la giornata è limpida, si può lasciar vagare lo sguardo lungo l’orizzonte: ecco il problema, io sono ancora lì e mi costa fatica pensare di chiudermi in un’aula con un muro come orizzonte, ma so perfettamente che, dopo qualche giorno, riaffiorerà la passione per il mio lavoro e allora mi sembrerà naturale stare in classe, con i miei ragazzi e il ricordo delle montagne sarà un tesoro prezioso, sepolto nell’inconscio, sempre disponibile ad aiutarmi nei momenti più duri.

Coraggio, è ora di preparare le valigie, tra poco si torna a casa…..

orizzonte

Galleria di personaggi: la coppia.

Nella sala da pranzo, proprio di fronte al nostro esperto, c’è il tavolo occupato da una coppia, non giovanissima e senza figli.

Lui è in splendida forma, tonico, abbronzatissimo, scattante, lei, ugualmente abbronzata, ha un aspetto decisamente meno sportivo.

Differiscono in modo evidente anche nell’abbigliamento: lui indossa una tuta da ginnastica (rigorosamente griffata), lei veste con sobria eleganza, camicetta pastello di taglio impeccabile, trucco leggero ed orecchini minuscoli.

Dopo cena, mentre lui pianifica la spedizione del giorno seguente, con mappe, bussola e bollettini meteo, lei sorseggia un caffè con aria leggermente annoiata, poi, distrattamente, sfoglia una rivista, fumando pacatamente una sigaretta.

Alla mattina lei fa colazione da sola verso le nove (lui è già partito per le alte vette almeno da tre ore), poi va in terrazza, si siede al sole e si butta a capofitto nella lettura di un libro piuttosto voluminoso.

Se interrogata risponde con un sorriso serafico: “Io adoro la montagna” e si immerge di nuovo nella lettura in attesa del ritorno del guerriero, forse trascorrerà il resto della giornata visitando una mostra o facendo shopping in un mercatino e prima di cena ascolterà estasiata il resoconto delle imprese del marito.

La vita di coppia è fatta anche di equilibri sottili e di piccole libertà…..

Galleria di personaggi: l’esperto.

Durante i miei due mesi di vacanza, ma soprattutto durante la settimana in Valle d’Aosta, mi sono divertita un po’ con uno dei miei passatempo preferiti: l’osservazione della persone che mi circondano.

Ecco un breve ritratto di un tipo veramente singolare:

Nella sala ristorante siede ad un tavolo centrale, è solo, mangia di gusto mentre legge distrattamente un libro, ogni tanto alza lo sguardo e lo lascia vagare distrattamente sugli altri ospiti, sta cercando la prossima vittima e quando la individua sorride sornione socchiudendo gli occhi.

Ha il fisico tozzo, non particolarmente atletico e con una preoccupante abbondanza all’altezza del giro-vita, non esibisce l’abbronzatura tipica di chi è aduso a frequentare i ghiacciai, ma l’abbigliamento e gli accessori sono quelli giusti.

Alla fine della cena si aggira sulla veranda, in mano un bicchiere di grappa, sorridendo con fare distaccato, di solito preferisce una posizione centrale, adatta a captare i discorsi degli altri ospiti e quando coglie uno spunto interessante si intromette con fare noncurante.

Conosce tutti i sentieri della zona perchè, a suo dire, li ha percorsi tutti innumerevoli volte e in tempi da record (logicamente indossa al polso sinistro un cronometro, altimetro, barometro, termometro, igrometro di ultimissima generazione), adombra con falsa modestia una abituale frequentazione con tutti i quattromila della zona, conosce famose guide alpine (che solitamente si consultano con lui) ed è prodigo di consigli, indicazioni, suggerimenti, sciorina complicate cartine e mappe di tutti gli itinerari possibili, ma non aderisce mai all’invito di partecipare a qualche escursione perchè ha sempre in programma, per il giorno seguente, una meta diversa, logicamente più lontana e più impegnativa.

A qualche maligno potrebbe sembrare un millantatore, ma è tutta invidia….

val ferret ghiacciaio

Valle d’Aosta.

Villeneuve, a pochi chilometri da Aosta, è un paese dai tetti di pietra grigia, stretti intorno alla chiesa, ai piedi di una torre che si erge silenziosa sull’altura vicina.

L’albergo che ci ospita al mattino ha il profumo del caffè e dei croissant caldi, fragranti, appena sfornati, ha il sapore della confettura fatta in casa, del burro fresco, ha il calore dell’accoglienza cordiale e discreta.

Mi alzo presto un po’ per abitudine, un po’ perché sono impaziente di camminare fra questi monti che non conosco, un po’ perché lascio aperta la finestra del bagno e la luce del primo sole illumina la stanza, annunciandomi che il tempo sarà buono, così mi sveglio di buon umore, preparo con cura lo zaino, senza trascurare due scaramantiche mantelle e scendo nella saletta dove mi attende la colazione.

Poco lontano da qui si dipartono le valli alpine, si può scegliere la meta della giornata, il Gran San Bernardo, o Cogne e il Gran Paradiso e lassù, più in alto, in fondo la Val Ferret, la Val Veny e, imponente e remoto, il Monte Bianco.

La mia vacanza in valle d’Aosta si preannuncia splendida fin dai primi momenti.

Ora che sono tornata fra i miei monti e piove a dirotto, la vacanza, breve come un soffio, è ormai un ricordo prezioso, negli occhi della mente ho ancora l’immagine delle Alpi, sento ancora il silenzio delle valli rotto dallo scroscio delle cascate e dal soffio del vento.

Dente del gigante

L’estate del ’77.

Ricordo l’estate del ’77, l’estate di trenta anni fa, una delle poche vacanze al mare, in campeggio,  a sud di Punta Ala, dalle parti di Montalto di Castro (che allora non era stata ancora scelta come ubicazione di una centrale termonucleare mai più costruita in seguito) e di Capalbio che non era ancora una località di moda.

Il campeggio era recentissimo e non ancora completamente attrezzato, perciò era piuttosto primitivo, sperduto in mezzo ad una campagna vulcanica, separato dal mare da una duna di sabbia punteggiata da arbusti profumati.

Al di là c’era una spiaggia sterminata di sabbia scura, completamente libera da stabilimenti balneari, e il Tirreno limpido ed impetuoso.

Eravamo in vacanza con una coppia di amici sposati da pochi mesi e noi ci saremmo sposati, a nostra volta, in ottobre, avevamo piantato le nostre tende sotto un temporale apocalittico, poi il tempo si era volto al bello ed era rimasto così per due settimane.

Alla mattina due di noi andavano in paese ad acquistare focaccia e salumi per la colazione, poi andavamo in spiaggia fino all’ora di pranzo, al pomeriggio, invece, ci spingevamo nell’entroterra a visitare le zone archeologiche e le attrazioni turistiche della zona: Vulci con il suo ponte ardito, Tarquinia e Cerveteri con le necropoli etrusche, Bolsena e Orvieto.

Oppure visitavamo paesetti meno noti, ma affascinanti assaggiando prosciutto di cinghiale, funghi, formaggi aromatici e piccanti e vini freschissimi che davano leggermente alla testa.

Durante la vacanza ci raggiunse Hanna, un’amica polacca che girava l’Europa con l’autostop e ricordo che, mentre la aspettavamo lungo la statale, giunse la notizia della morte di Elvis Presley e noi restammo lì, vicini all’auto con la radio accesa, ad ascoltare le canzoni del “Re” che le varie emittenti radiofoniche trasmettevano senza soluzione di continuità.

Di quell’estate mi restano impressioni di sole, vento, onde altissime e spumeggianti, pomeriggi assolati, notti passate a chiacchierare intorno alla lampada da campeggio sorseggiando un caffè, il fresco delle necropoli, la quieta tranquillità di una vacanza trascorsa in assoluta libertà.

Trent’anni…sembra sia passato un secolo.

Quasi una pausa.

Ieri ho fatto ritorno a casa per poche ore (ogni tanto è indispensabile dare un’occhiata all’avita magione, ritirare la posta, controllare che nulla si sia guastato e, visto che il viaggio è breve, non è un dolore insopportabile fare una scappata a casa).

Ho anche approfittato per accendere il computer di casa e navigare fra i blog amici ad una velocità di connessione decente….

Ormai quasi tutti hanno iniziato le ferie e la blogosfera langue, i blog vengono aggiornati solo sporadicamente, insomma su Marte c’è decisamente più vita.

Per questo motivo anch’io rallenterò la mia attività di blogger, anche perché la prossima settimana me ne andrò per qualche giorno in Valle d’Aosta e non avrò a disposizione neppure il mio “carrettone” con annessa connessione stile bradipo.

Per una settimana (più o meno) cambierò panorami e cambierò montagne, me ne andrò a scarpinare fra le Alpi e, se il clima non sarà particolarmente inclemente, spero di poter fare qualche giretto dalle parti del Monte Bianco.

A meno che non capiti qualcosa che stuzzichi il mio interesse, passerò da queste parti solo raramente, comunque riprenderò a scrivere regolarmente verso la fine di agosto, o, al più tardi, a settembre quando tornerò a scuola.

Neve d’agosto.

Oggi è il 5 Agosto e sulle mie montagne, un po’ in tutti gli alpeggi, si festeggia la ricorrenza della Madonna della neve, in ricordo del miracolo avvenuto a Roma nel 358.

E’ un’occasione per esprimere la propria devozione, ma anche per far festa tutti insieme, nei rifugi, con pranzi luculliani a base di polenta, funghi, salamelle e formaggi locali.

Secondo la tradizione alle prime luci dell’alba le processioni muovono verso gli alpeggi della Valbiandino sopra Introbio, i turisti arriveranno più tardi a piedi o in jeep, poi i pascoli intorno alla piccola chiesetta della Madonna della Neve si affolleranno in modo assolutamente insolito e per un giorno la montagna, solitamente silenziosa e quieta, farà da sfondo all’animazione della festa.

Madonna della neve valbiandino

Parlasco.

Parlasco è un delizioso paese della Valsassina, sulla strada che da Cortenova porta a Esino Lario e all’Alpe Cainallo, poco più avanti, sopra l’abitato, la strada sale spalancando un grandioso panorama sul Lario.

Da fondo valle si individua una chiesina bianchissima, con un campanile particolare, persa nel verde, poi, una volta raggiunto il paese, si può ammirare la costruzione che si staglia contro il cielo in tutta la sua eleganza.

Il centro del villaggio, che conta poche centinaia di anime, è un nucleo antico di case in pietra che, di recente, sono state decorate con pregevoli affreschi che raccontano le imprese del bandito Lasco, un leggendario personaggio che avrebbe abitato questi luoghi.

La notizia dei lavori e l’inaugurazione ufficiale, svoltasi nel mese di luglio, hanno attirato un discreto numero di curiosi e di turisti che si aggirano per le strade del paese ad ammirare i dipinti, tra l’indifferenza e la simpatia dei pochi abitanti, che continuano tranquillamente la loro vita, limitandosi a non impallare le riprese fotografiche dei visitatori.

Chi si trovasse in zona non perda l’occasione di una visita a questo delizioso angolo della Valsassina.

Chiesa di Parlasco

Condivisione.

Quando viene a trovarmi qualcuno che non conosce la valle sono tutta contenta perché mi piace mostrare le sue bellezze nascoste, come se fossero un tesoro tutto mio, mi piace condividere la gioia e la serenità che questa vallata sa donarmi.

Qualche giorno fa è venuta da queste parti una collega con il marito e la figlia e mi ha fatto veramente piacere scoprire, negli occhi della bimba, lo stupore e l’incanto al cospetto delle montagne, lo stupore che è proprio di chi è abituato alla città, osservandola ho rivisto la bambina che ero, la bambina che tornava nella valle per le vacanze e la scopriva sempre nuova.

Abbiamo camminato con calma verso il rifugio, ammirando i fiori, gli alberi, i picchi e lontana nella foschia la pianura.

La Valsassina ci ha messo del suo e ci ha regalato un cielo limpidissimo, dopo un preludio mattutino nuvoloso che non prometteva nulla di buono.

E’ stata un’altra giornata serena e quieta che si è conclusa in modo piacevole intorno alla tavola imbandita: basta veramente poco per gustare il piacere della vita e dell’amicizia.

rifugio Cazzaniga Merlini