Archivio mensile:Giugno 2007

Vacanza nella vacanza…

Ormai sto per partire, ho riempito un numero incredibile di valigie (una solo di medicinali della mia mamma, ma pazienza ci vogliono anche quelli), quando ci si sposta per due mesi, con una persona che ha problemi di salute, bisogna portarsi dietro la casa, un po’ come si fa quando si viaggia con i bambini.

Quando mio figlio era piccolo abbiamo girato l’Europa e ricordo, in occasione di un viaggio alla volta dei castelli bavaresi, che la valigia con i suoi vestiti era enorme, almeno il doppio di quella che conteneva gli effetti personali di noi adulti, d’altra parte se desideravo vederlo pulito non avevo alternative: mio figlio aveva (e in qualche misura ha ancora adesso) una straordinaria abilità nel versarsi addosso il contenuto di piatti, tazze e bicchieri.

Durante questi due mesi di vacanza avrò l’incredibile aiuto e sostegno di una ragazza ivoriese, dolcissima ed affettuosa, praticamente incaricata di accudire mia madre quando mio marito ed io ce ne andremo a scarpinare su per le montagne: penso che non si consideri mai abbastanza importante il lavoro delle cosiddette “badanti” che si sobbarcano l’onere di provvedere a persone anziane ed ammalate spesso anche dotate di un carattere spigoloso e incattivito dalla malattia.

E poi, in agosto, avremo una settimana tutta per noi, perchè mio fratello mi darà il cambio, nella cura quotidiana di nostra madre, e ce ne andremo in Valle d’Aosta a goderci le Alpi.

Pregusto già questa vacanza nella vacanza, perchè sento la necessità di staccare, per qualche giorno, il cervello dai ritmi ormai acquisiti, dai giorni scanditi da medicine, piccole passeggiate, chiacchierate sul balcone legate dalla costante del rincrescimento per la malattia crudele ed improvvisa che ha ridotto una donna piena di vita, di interessi e di attività, come era mia madre, in un disperato grumo di dolore in poco meno di un anno.

Ma bando alla tristezza: comunque siamo in vacanza ed intendiamo goderci questi giorni coccolandoci e cercando di ritemprare lo spirito, tanto è inutile stare a lamentarsi e rimpiangere il passato, è meglio affrontare la situazione per quella che è e afferrare ogni giorno le piccole gioie che la vita può offrirci.

Esami.

Anche se il grande Eduardo diceva che “gli esami non finiscono mai”, prima o poi gli esami di terza media finiscono e lasciano la loro scia di stanchezza (tanta) e di vuoto.

Da oggi sono ufficialmente in vacanza e, visto che non conosco le persone che mi troverò davanti il prossimo anno, si tratta di vacanza “vera”, un po’ come quando si finisce un ciclo di studi, il liceo per esempio, e, in attesa di iniziare l’università, si trascorre un’estate senza patemi, senza niente da studiare, dedicando il proprio tempo alle letture preferite oppure lasciandosi andare all’ozio più gratificante, tanto, alla ripresa della scuola, nessuno ti chiederà conto dei famigerati “compiti delle vacanze”.

Da bambina svolgevo tutti i compiti in una volta, all’inizio delle vacanze (così alla ripresa dell’anno scolastico non sapevo neanche più leggere e scrivere) o alla fine dell’estate con somma fatica e fretta angosciosa: non sono mai stata capace di fare le cose in modo graduale, lo so, è un mio difetto.

Anche per i miei baldi giovani sarà un’estate all’insegna della libertà, proiettata verso la scuola superiore, ma senza scadenze ineluttabili da rispettare: da settembre comincerà una nuova vita, ci saranno nuovi insegnanti, nuovi compagni, maggiori difficoltà, ma in queste settimane è quasi impossibile pensarci.

Oggi per me è una giornata di bagagli e da sabato mi trasferirò in modo più o meno definitivo in montagna: il riposo del guerriero è alle porte…..

prealpi

Storie di ordinaria civiltà

La macchina arriva a velocità abbastanza sostenuta, parcheggia più o meno negli spazi, a bordo un giovane padre aspetta il pargolo che sta per uscire da scuola, per fortuna spegne il motore, ma non subito solo quando si accorge che mancano una decina di minuti al suono della campanella, e, visto che è abbastanza in anticipo resta seduto in auto, con la portiera aperta, e si accende una sigaretta, dopo pochissimi minuti con mossa repentina svuota il portacenere sull’asfalto, poi, soddisfatto del proprio lavoro, il nostro eroe sbarca e si avvia a ritirare la prole alla quale, immagino, insegnerà con passione l’amore per la natura ed il rispetto per l’ambiente.

Non mi stupisce se lo stesso pargolo, tra qualche anno, quando gli farò notare che non è il caso che se ne stia, durante l’intervallo, in corridoio, appoggiato al muro sul quale risalterà un’impronta della sua Nike ultimo modello numero 45, mi guarderà attonito chiedendosi e chiedendomi cosa sta facendo di male.

E neppure mi stupisce se, quando lo richiamerò perchè avrà lasciato distrattamente cadere l’involucro della merendina nell’aiuola del giardino, mi fisserà con sguardo interrogativo senza peraltro ingegnarsi a raccoglierla.

Non è cattivo, poverino, e non fa apposta…semplicemente nessuno si è mai sognato di insegnarglielo, magari con l’esempio.

texture

Giuro: non è difficile….

Tra un esame e l’altro mi diletto a trascorrere il tempo in coda all’Asl nel tentativo (temo vano) di ottenere il riconoscimento della invalidità di mia madre (che non ci vede a causa dell’arterite di Horton), con relativa indennità di accompagnamento (visto che devo accompagnarla persino dal letto alla poltrona).

Quando dico che mia madre non ci vede non intendo che “ci vede poco”, intendo dire che non ci vede proprio, o, per lo meno, distingue solo vagamente e non sempre le variazioni di luce.

Per questo motivo non riesco a capire perchè in calce alla richiesta di accertamento l’impiegata, preposta al ricevimento della pratica, si ostini a richiedere la firma di mia madre.

Quando ho presentato la prima richiesta, nove mesi fa, mia madre distingueva le ombre e il movimento, ma non era sicuramente in grado di leggere e scrivere e io, nella mia proverbiale ingenuità, pensavo che bastasse un certificato dell’oculista, che specificava chiaramente la sua infermità e l’impossibilità a scrivere, per esentarla dalla pantomima della firma.

Invece la situazione si è rivelata a dir poco kafkiana con l’impiegata che mi chiedeva di firmare al posto di mia madre (il che mi sembra un tantino illegale), o di farla firmare tenendole la mano (come se avesse senso firmare una dichiarazione che non si riesce a leggere, nella quale peraltro si richiede il riconoscimento della condizione di cieco civile).

Mi sembra ridicolo che chi si dichiara cieco firmi la dichiarazione, a meno che (ma sto facendo della dietrologia) non volessero incastrarla:”visto che hai firmato non sei proprio cieca…”

Esisteva (e mi risulta che esista per legge) un’altra opzione, cioè quella che a firmare fossi io, con il mio nome, assumendomi tutte le responsabilità del caso per conto di mia madre, ma questa possibilità non è stata neppure presa in considerazione.

Morale: ho dovuto trascinare la balda vecchietta alla presenza di un ufficiale di stato civile che attestasse che mia madre, essendo impossibilitata a firmare, era stata informata del contenuto del documento e lo sottoscriveva.

Dopo tutto ciò la cara congiunta, che continua a non vedere a un palmo dal naso (letteralmente) ha ottenuto solo il riconoscimento della cecità parziale che, logicamente, non dà diritto all’indennità di accompagnamento.

Ma non mi do per vinta, sono più dura del sistema e, a distanza di sei mesi, ho presentato l’istanza di aggravamento…

…sono curiosa di vedere come va a finire.

Al diavolo la dieta….

Quando sono a casa e lavoro è abbastanza facile controllare la quantità di cibo che mangio anche perchè, molto spesso, ho pochissimo tempo per mangiare e riesco a smaltire le calorie girando come una trottola tra la scuola, i negozi, gli uffici, i medici e quant’altro: per ora non sento la necessità di andare in palestra, visto che la mia vita quotidiana richiede un notevole esercizio fisico.

Poi iniziano le vacanze, i ritmi rallentano e, per di più. vado tra le mie montagne dove l’aria frizzantina fa venire l’appetito anche agli inappetenti cronici (da bambina mi ci portavano in vacanza giusto per farmi mettere su qualche etto supplementare).

Come se non bastasse la cucina locale offre una varietà di prodotti tipici, tutti succulenti, tutti ad alto contenuto calorico, che non favorisce le intenzioni di sobrietà espresse prima della partenza in perfetta buona fede.

Tanto per cominciare ci sono i formaggi e soprattutto il taleggio, prodotto un tempo nella vicina Valtaleggio e messo a stagionare nelle grotte locali, secondo una tradizione secolare.

Poi ci sono le confetture e gli sciroppi di frutti di bosco, soprattutto quelli prodotti con sistemi artigianali da un carissimo amico, che sono una delizia per gli occhi e per il palato.

Non c’è rifugio che non attenti alla linea con i suoi menù ricchi e sostanziosi che vanno dai pizzoccheri, alla polenta taragna con le salamelle, alla cacciagione coi funghi, ai taglieri di salumi e formaggi e, a fine pasto, se per caso non c’è più neanche una fetta di crostata di frutti di bosco o di mele, come premio di consolazione si materializzano le castagne sciroppate con la panna montata.

Per finire c’è la bomba calorica vera e propria: il mitico cabiadino (il biscotto di Barzio prodotto, però, in tutta la valle) che, a causa della ricchezza dei suoi ingredienti, va assunto con moderazione, praticamente in dosi omeopatiche, ma al quale è proprio difficile opporre resistenza.

Vorrà dire che camminerò molto e, alla disperata, alla linea penserò a settembre.

cabiadini

Con i potenti mezzi…

Ho passato il week end in montagna perchè ero stufa di esami, caldo, zanzare, cumuli di vestiti in arretrato da stirare e così, venerdì sera, caricata l’allegra famigliola sull’utilitaria di casa, ho dato avvio uffialmente alla stagione estiva.

Estiva si fa per dire, visto che il termometro supertecnologico, che fa bella mostra di sè sulla mensola del salotto, segnava 18° (diconsi diciotto): d’altra parte succede sempre così quando la casa resta chiusa e magari all’esterno la temperatura scende di colpo per i temporali a ripetizione.

Il week end è trascorso abbastanza serenamente, tra sistemazioni di fiori sul balcone, gelati supercalorici consumati sulla terrazza del bar di fronte alla chiesa, fotografie a tutto ciò che entrava nel mio campo visivo e altre amenità del genere.

L’unico neo di tutta la faccenda è l’aggiornamento del blog, visto che lassù tra le montagne, riposa ormai da tempo immemore un portatile vetusto (credo che abbia ormai nove anni) collegato ad una linea telefonica che fa un po’ i capricci che richiede tempi biblici per la connessione: basti pensare che mettere online il post e scaricare le posta richiede quasi mezz’ora.

Per questo motivo, a meno che non ci siano radicali cambiamenti nei mezzi tecnici a disposizione, penso che continuerò a scrivere i miei post, ma sarà molto improbabile che io riesca a leggere e commentare gli altri blog che normalmente seguo ed è un vero peccato visto che, finalmente, avrei tempo per farlo.

Vorrà dire che ne approfitterò per fare un po’ di digiuno informatico, giusto per evitare gli effetti della dipendenza…

ciclamino

Giochi d’acqua.

Dopo un inverno secco, dopo un inizio di primavera innaturalmente caldo e siccitoso, nelle ultime settimane ha piovuto parecchio, soprattutto in montagna e la pioggia, caduta con l’abbondanza tipica più dei climi tropicali che di quello prealpino, ha gonfiato i torrenti, persino quello che scorre nella valle sotto casa mia, che non posso vedere, perché celato dal fitto intrico del bosco, ma che sento scorrere con un canto continuo che mi concilia il sonno nelle notti estive, quando le imposte delle finestre restano aperte.

Di notte mi piace anche il rumore della pioggia che batte sulle foglie e lo scorrere dell’acqua nei pluviali, soprattutto se c’è il temporale, mi addormento tranquilla perché so che, al mattino, il cielo sarà limpido e splendente e i prati e il bosco sembreranno più verdi, e i colori saranno più nitidi, come lavati dalla pioggia.

Quando l’acqua è abbondante anche le fontanelle, nelle piazzette dei paesi e negli alpeggi, sono più ricche e l’acqua che ne sgorga è fresca e ha un sapore: in primavera ha il gusto della neve ed è freddissima, ma dopo una lunga camminata è una sensazione particolarmente piacevole.

Da bambina amavo molto giocare con l’acqua, non si trattava dei gavettoni, che animano le estati italiane o degli avveniristici “liquidator”, ma di un passatempo molto più semplice che consisteva nel costruire una diga sul torrente, per formare un piccolo specchio d’acqua: era un lavoro faticoso, che implicava lo spostamento di quelli che, a me bambina, sembravano veri e propri macigni che andavano poi uniti da ingenti quantità di sabbia per interrompere il flusso della corrente.

Dopo un intero pomeriggio di lavoro con i piedi a mollo finalmente si formava un laghetto e allora mi piaceva restarmene seduta sulla riva a gettare ciottoli levigati per osservare i cerchi concentrici perdersi sulla superficie.

Quando era ora di tornare a casa spostavo un sasso, magari il più piccolo, e me ne stavo lì a guardare incuriosita la forza dell’acqua che si apriva irruentemente una strada verso valle.

acqua

Gufi, civette e altri strigiformi.

Colleziono gufi e civette ormai da molti anni, ho cominciato quasi per scherzo un po’ perché mi mettevano allegria, con quegli occhioni sbarrati e tondi, un po’ perché, almeno dalle mie parti, soprattutto le civette, sono considerati uccelli vagamente portasfortuna.

Quando il paese in cui vivo era legato alla terra e alla vita dei campi più di oggi, il canto notturno della civetta (allora ce n’erano parecchie) era considerato foriero di sventura se non addirittura annunciatore di morte.

Non sono superstiziosa, non credo che la sfortuna ci possa cadere addosso se passiamo sotto ad una scala o incrociamo un gatto nero, perciò cominciai a riempirmi la casa di gufi e civette di tutti i tipi e di tutti i materiali, preferibilmente minuscoli (logicamente per una questione di spazio).

La mia collezione va dal gufo di legno intagliato da un artigiano del Trentino, a quello d’argento acquistato nella bottega di un argentiere di ponte vecchio a Firenze, alle civette in onice, in osso, in malachite.

In breve amici e parenti hanno cominciato a regalarmene al ritorno da ogni viaggio e in occasione di ogni festa comandata: così la mia collezione conta oggi alcune centinaia di esemplari che mi osservano attonite dalle mensole di casa.

In realtà non ho capito se portino veramente sfortuna o no, ma sono particolarmente affezionata ai miei animaletti, soprattutto ad un gufo salvadanaio che uso come svuotatasche e che, di tanto in tanto, mi regala la sorpresa di un gruzzolo inatteso.

Gufo

Rassegna stampa.

In questi giorni non ho molto tempo per stare al computer e quindi, ogni tanto, mi sfuggono gli ultimi aggiornamenti.

Scopro su Kblog che un mio articolo è stato citato da Panorama.it (come era già successo in precedenza per Liberazione)…che volete che dica: sono contenta.

Un po’ di autocelebrazione ogni tanto non guasta.

Sì, viaggiare…

Raccolgo, anche se un po’ in ritardo causa esami, l’invito di Perlinavighinga: anche a me piace viaggiare anche se, in genere, non amo le trasferte lunghissime, ma preferisco magari visitare una regione (italiana o europea) e soggiornarvi abbastanza a lungo per imparare ad apprezzarne non solo il paesaggio e i monumenti, ma anche lo stile di vita delle persone (per questo motivo cerco sempre di viaggiare con qualcuno del posto che mi aiuti a scoprire i particolari che, di solito, sfuggono ad un turista frettoloso.

Ho però alcuni sogni che riguardano mete lontane ed esotiche e che, purtroppo, non mi sembrano facilmente realizzabili soprattutto per mancanza di tempo e di soldi.

Comunque, visto che sognare non costa niente, ecco le cinque mete:

  • Tanto per cominciare un bel trekking in Nepal (…e non dico altro)
  • Il viaggio con la Transiberiana da Mosca a Pechino e poi, visto che sono già nei paraggi, un soggiorno di qualche mese in Cina.
  • Un altro trekking in Patagonia con partenza da Punta Arenas e visita al Perito Moreno e alla zona del Cerro Torre.
  • La traversata del Sahara ( sono stata influenzata da Marrakech Express).
  • …e per finire l’Isola di Réunion dove, mi dicono, oltre che godersi il mare è possibile farsi una bella scarpinata (ma guarda un po’) sui vulcani.

Dopo tutto questo camminare su e giù per il pianeta, mi merito il riposo del giusto e passo la palla …a chi vuole proseguire la catena.

riposo