Quando viene commesso un omicidio una delle prime circostanze oggetto di indagine è l’arma del delitto.
Se si tratta di un’arma da fuoco si può stabilire il calibro e si può risalire alla marca e al modello con relativa semplicità (sono un’attenta seguace di Carlo Lucarelli), se si tratta di un’arma da taglio le cose si complicano un po’ di più, ma nel caso di un oggetto contundente, usato come una clava, è un bel problema.
Non a caso il cosiddetto “Delitto di Cogne” (chissà gli abitanti di Cogne come giubilano) resta tuttora un mistero, l’arma è un oggetto contundente: nelle ultime udienze del processo la difesa sostiene uno scarpone (quindi verrebbe dall’esterno, presumibilmente), l’accusa un mestolo (quindi più casalingo).
Comunque sia non credo che si riuscirà a fare piena luce su questo delitto, a meno che non sopraggiunga una confessione inaspettata e, almeno per ora, improbabile.
Se io dovessi compiere un omicidio saprei cosa usare, in realtà l’idea non è mia ma di Roald Dahl (sì lo “scrittore per bambini” autore della “Fabbrica del cioccolato).
In un suo racconto l’autore immagina un delitto consumato tra le mura domestiche: la moglie ammazza il marito, senza tanti complimenti, colpendolo violentemente con un cosciotto congelato che poi cucina e serve, tutta premurosa, agli affamati poliziotti estenuati per l’inutile ricerca dell’arma del delitto.
Mi sembra un’idea semplice e geniale, utilizzabile a patto di possedere un congelatore delle giuste dimensioni e un po’ di sangue…freddo.